Magari molti non ne avranno mai sentito parlare. Il Teatro è pur sempre un interesse di nicchia, un mondo purtroppo poco frequentato. Non sarà comunque difficile, cercando la voce in rete, farsi un’idea del personaggio di cui andiamo a parlare. Basti dire, tra le tante cose possibili, che diresse Giorgio Albertazzi nell’impareggiabile e indimenticabile “Memorie di Adriano” tratto dal libro di Marguerite Yourcenar e che nella sua lunga carriera lavorò con attori come Pino Micol, Massimo Ranieri, Valeria Moriconi, Claudia Cardinale, Annamaria Guarnieri, Irene Papas, tanto per citarne alcuni.
E’ stato anche un critico affermato e un grande organizzatore e inventore di eventi culturali, che hanno fatto storia e costume per tutto il nostro paese. Primo tra tutti il gran ritorno del Carnevale di Venezia, che dal 1980, con lui direttore della Biennale teatro, era risorto tornando ai fasti del tempo dei dogi.
Da quando m’era capitato di scoprire il filo che legava Maurizio Scaparro a Esanatoglia avevo tentato, senza esito, un approccio indiretto attraverso alcuni teatri presso cui erano andati in scena i suoi impegni più recenti. Ho saputo solo in un secondo momento che il Maestro aveva problemi di salute e aveva momentaneamente allentato la sua attività. Riuscì però il contatto con suo fratello, il Prof. Fulvio Scaparro, psicologo e psicoterapeuta di chiara fama, scrittore e giornalista (è collaboratore e opinionista del Corriere della Sera), di cinque anni più giovane del Maestro. Fulvio mi confermò il precario stato di salute del fratello, ma soprattutto confermò il rapporto della loro famiglia con il nostro paese, un rapporto sia di origine che di frequentazione.
La frequentazione di Esanatoglia si risolse nell’arco di nemmeno due anni, ma fu di particolare intensità perché vissuta in un periodo della storia difficile da dimenticare, il periodo della guerra.
Ci scambiammo diversa corrispondenza ripromettendoci di vederci direttamente a Milano. Purtroppo il difficile periodo del Covid ha ostacolato le occasioni di incontro che faticosamente costruivamo via via per poter ricostruire il racconto di quel periodo, in attesa di poterlo fare anche con il Maestro. Poi, il tempo si è fermato e inesorabilmente ha troncato ogni incertezza, azzerato ogni buona intenzione, ha stabilito che bastava così: il 17 febbraio scorso Maurizio Scaparro è morto.
Scaparro e… Esanatoglia
Il filo che collega la famiglia Scaparro a Esanatoglia è presto detto.
La madre di Maurizio e Fulvio, era Ada Censi (Tolentino 1907 – Roma 1966), figlia di Agapito Censi (Esanatoglia 1877 – Matelica ?) e Augusta Carfagna. Agapito a sua volta era il primogenito di quel Giuseppe Censi (Esanatoglia 1846 – Esanatoglia 1929) figura di spicco della imprenditoria locale che fu protagonista nei primissimi anni del ‘900 del fallimento della omonima conceria, sconquasso che ebbe ripercussioni serie per buona parte dell’economia paesana. Il fallimento all’epoca era un’onta che andava purgata anche con l’allontanamento fisico, seppur minimale come in questo caso, dallo scenario in cui era maturato il dissesto economico. Giuseppe insieme alla famiglia si trasferì così a Matelica che come allontanamento può sembrare ben poca cosa, ma per il membro di una famiglia che affondava le sue radici nella storia del nostro paese, costituiva quella che, nel ricordo di una istituzione giuridica ormai soppressa ma i cui effetti umilianti erano rimasti scolpiti nell’immaginario collettivo, si usava definire una ‘morte civile’.
Giuseppe tornò poi a Esanatoglia per morirvi, stavolta di morte naturale, al crepuscolo della sua travagliata esistenza che si concluse, da indigente, in quello che non a caso si chiamava “Ricovero di Mendicità”, l’attuale Casa di Riposo (o Casa Albergo come taluni imbonitori hanno preferito rinominare).
Miglior fortuna ebbero altri suoi fratelli, tra cui Federico (Esanatoglia 1854 – Esanatoglia 1931) grazie anche ai favori derivatigli dal matrimonio con Ester Stelluti Scala (Esanatoglia 1853 – Esanatoglia 1885) che gli conferì sostanze e blasone (Margherita Censi, loro figlia, una delle ultime esanatogliesi della famiglia, sulla lapide sepolcrale antepone al suo nome l’appellativo di Nobil Donna)
Fu proprio nella capiente casa di Federico, rimasta dopo la sua morte avvenuta nel 1931 ai figli Corrado e Margherita, che nel 1943, oltre agli stessi proprietari, trovarono rifugio arrivando da Roma con le loro famiglie, due delle quattro figlie di Agapito, nipoti di Giuseppe, Agnese, e Ada (le altre due erano Adriana e Albertina)
I bombardamenti su Roma ricompattarono così buona parte di una delle famiglie più distinte degli ultimi tre secoli di storia esanatogliese, i Censi.
Agnese aveva sposato Mario Albertelli (1904-1966) che fu un affermato Direttore della fotografia nel cinema italiano a partire dagli anni ’30, lavorando con registi come Bragaglia, Blasetti, De Sica, Soldati, fino ad arrivare negli anni ’50 a curare la fotografia di alcuni dei più famosi film di Totò.
Ada aveva invece sposato nel 1931 Mario Scaparro (1895-1971) che dopo i giovanili furori futuristi che l’avevano visto attivo membro del movimento romano a stretto contatto con Filippo Tommaso Marinetti, con progetti di “poemi cinematografici” rimasti però allo stadio di pagine scritte,
aveva messo la testa a partito e, forse anche in virtù dei crediti acquisiti con l’impegno dimostrato in quel campo culturale anticipatore di molti tratti del fascismo, era entrato a pieno titolo nel regime mussoliniano come funzionario di primo piano del Ministero dell’Africa Italiana, occupandosi di lavoro e di corporazioni anche con alcune pubblicazioni specialistiche sull’argomento (“Artigianato tripolino“, 1932 – “Arti indigene delle colonie italiane“, 1934 – “Il libretto di lavoro in Libia“, 1938). Dalla sua unione con Ada Censi a Roma nel 1932 nacque Maurizio. Nel 1937, a Tripoli, durante un periodo di soggiorno nella Libia italiana, nacque il secondogenito Fulvio.
‘Sfollati’ nel paese dei nonni materni
Quando nel 1943 tantissimi civili cominciarono a sfollare dalle città rifugiandosi in zone ritenute più sicure perché lontane da obiettivi militari, giunsero quindi a Esanatoglia Maurizio e Fulvio che all’epoca avevano rispettivamente 11 e 6 anni.
Esanatoglia ospitava in quel periodo circa duecento “sfollati” provenienti in gran parte da Roma e prevalentemente con parentele locali.
Gli Scaparro, uno ancora bambino e l’altro non ancora adolescente, si trovarono catapultati in una realtà molto distante dalla loro quotidianità e in un ambiente domestico in cui aleggiava il ricordo di uno status sociale che non aveva più riscontri nel presente e che, per il volgere delle vicende belliche, si sommava allo smarrimento per la ormai prevedibile fine imminente del regime fascista alle cui sorti la famiglia era particolarmente legata.
Ma l’età, per i fratelli Scaparro, era pur sempre ancora quella dell’innocenza.
C’è ancora tra di noi chi è in grado di testimoniare: Marta Branciari, ad esempio, conserva vivido il ricordo e racconta di una amicizia con il coetaneo Fulvio, un rapporto speciale fatto di giochi e di particolare e intenso affiatamento. E di ricordi anche se ormai molto sfumati dal tempo è costellato il racconto dello stesso Fulvio Scaparro, seppure appena abbozzato nei nostri scambi epistolari. Impresso in modo particolare è rimasto il ricordo dell’attenzione a loro riservata dai quelli che erano stati i coloni del bisnonno Giuseppe: avevano ancora in particolare considerazione la famiglia del loro antico padrone e con fare cerimonioso si rivolgevano ai piccoli rampolli di casa Censi chiamandoli “signorini”, cosa che, ricorda Fulvio, stupiva e divertiva molto i due fratelli.
Per motivi di età era ovviamente Maurizio quello che poteva serbare dettagli più nitidi e più articolati di quel periodo.
Sarebbe stato davvero interessante riprendere proprio con il Maestro il filo di un possibile racconto di quella Esanatoglia degli sfollati, delle difficoltà e dei momenti lieti, e anche del tristissimo 1° di aprile del ’44 con le fucilazioni in Piazza Cavour che si svolsero a pochi metri da dove abitava con la sua famiglia. Confidavo, nel mio intimo, di vedere restituita una pagina di storia locale attraverso lo sguardo di quel bambino un po’ speciale che crescendo avrebbe avuto modo di elaborare la sua esperienza di vita con la magia del teatro. Sarebbe stato straordinario ricucire quel rapporto che non c’è stato, quella frequentazione che avrebbe onorato il nostro paese e che, nostro malgrado, nel successivo dopoguerra non ha avuto alcuna replica.
E’ quello che avevo tentato attraverso la disponibilità del fratello Fulvio. Non è stato possibile. Un dispiacere aggiunto a quello per la perdita di uno straordinario uomo di cultura.
Il giorno che nuove sensibilità e nuove tecnologie, consentiranno di far parlare in qualche modo i muri delle nostre antiche case (e ne avrebbero di storie da raccontare… quanto materiale…), per raccontare questo paese, la sua Storia e le sue storie, vorrei che da quella in cui sto trascorrendo la mia vita e che prima di me fu abitata, tra gli altri, anche da Corrado Censi, e prima da Federico, e prima ancora da Barnaba, e prima da Agapito e ancora da Barnaba Censi il vecchio, e prima prima chissà…, in questa casa vorrei si levasse un suono, una voce, comparisse una scritta o un’immagine, un ologramma o qualche altra diavoleria ancora da inventare per ricordare che lì dentro, per un breve periodo della sua vita, un periodo buio appena rischiarato dall’innocenza della sua giovane età, trovò rifugio un bambino, le cui origini sono legate al nostro paese, che sarebbe poi diventato uno dei grandi nomi del teatro italiano: Maurizio Scaparro (1932 – 2023).
Ciao Pino ho letto come sempre con molto interesse il tuo articolo. Mi piacerebbe sapere di più di quel Giuseppe Censi, la vita, i discendenti e curiosità! Quello che hai scritto lo sapevo già.Ti dirò a voce cosa lega la mia famiglia da parte di mamma a lui. Grazie e come sempre complimenti!
Grazie Donata, la ricerca è un processo continuo. Curioso di conoscere i tuoi racconti.
molto interessante. grazie.