Un diario di guerra

 

PRESENTAZIONE

Quando nel luglio del 2022, Michele mi fece leggere il diario di suo nonno chiedendomi un consiglio sul progetto di farne una piccola pubblicazione ad uso familiare, non solo gli mostrai entusiasmo per l’idea, ma lo orientai anche verso Pieve Santo Stefano, il piccolo centro della Valtiberina in provincia di Arezzo dove, per merito della grande intuizione del giornalista e scrittore Saverio Tutino (1923-2011), è operante l’Archivio Diaristico Nazionale: una vera eccellenza, in cui trova degna collocazione questo tipo di pubblicistica altrimenti ignorata o comunque dispersa.    

 

Intanto,  Michele e la sua famiglia hanno portato avanti l’idea e la memoria di guerra di nonno Tommaso (a cura di Pietro Bellini) è stata data alle stampe con una tiratura limitata.

 

Un Diario scarno, essenziale, ma costellato di considerazioni e pensieri che descrivono bene quelli che furono i sentimenti e lo stato d’animo di tanti degli uomini che furono, come recita il titolo, “mandati in guerra” recidendone affetti, occupazioni, sogni, la vita stessa.

Per quanto mi riguarda, quello scenario di guerra ha ravvivato il ricordo dei racconti di mio padre, anche lui in quelle zone (fu uno dei 22.000 prigionieri della battaglia di Tobruk), anche lui internato dagli inglesi per cinque lunghi anni, anche lui con una giovane moglie ad aspettarlo.

Sono onorato di ospitare nel blog (con alcuni rimaneggiamenti obbligati dal formato e dalla tipologia del contenitore) questo splendido esempio di conservazione della memoria frutto di chi ha raccontato e di chi il racconto ha conservato e ora lo divulga.  Un atto d’amore, un fatto di cultura, e anche un gesto politico che in un momento in cui la parola GUERRA sta tornando a sovrastare le nostre esistenze, anche solo ricordandoci le sofferenze occorse ai nostri cari, induce a non accantonare mai la riflessione sui conflitti, ad impegnarsi con un pensiero critico verso ciò che sembra ineluttabile, a sostenere sempre la necessità di individuare vie d’uscita che facciano salva l’umanità.

Pino Bartocci

 

 

Diario di un contadino marchigiano

mandato in guerra

(1942-1946)

 

1.

INTRODUZIONE

Il valore di una testimonianza

di Michele Mattioli

Ho un ricordo vivo di quando avevo circa 12-13 anni e ascoltavo i racconti di guerra di mio nonno Tommaso.

Ultimamente, dopo l’inizio del conflitto armato tra la Russia e l’Ucraina, mi sono trovato spesso a leggere, ascoltare e intercambiare con altre persone opinioni sulle cause del conflitto e il crescente coinvolgimento dell’Italia.

Questo ha riportato alla luce i ricordi del diario che mio nonno scrisse e che mia mamma custodisce gelosamente. A distanza di tanti anni ho voluto rileggerlo per vivere e assaporare il gusto della nostalgia dei suoi racconti, nei suoi scritti ho ritrovato un contributo alla conoscenza della sofferenza e del dolore, quello vero, dal quale non puoi allontanarti, quello che può intaccare la tua salute fisica e mentale, quello che devi affrontare per resistere alla destabilizzante intensità che provoca.

Il diario è stato scritto durante il periodo di prigionia in Inghilterra, in maniera estemporanea, probabilmente usato come strumento di resistenza psicologica, oltre a contenere informazioni per me (e la mia famiglia) sentimentalmente preziose, fa comprendere anche la realtà di un uomo in guerra, lontano dai suoi affetti, oramai armato solo della speranza e della fede che lo aiutano ad andare avanti.

Cenni biografici su Ferretti Tommaso, autore del Diario

Ferretti Tommaso è nato il 29 aprile 1915 nel comune di Esanatoglia, provincia di Macerata.

La sua famiglia abitava in campagna nella frazione di Aialta, distante 3 km dal paese di Esanatoglia. Il capofamiglia, Ildebrando, era agricoltore e lavorava un terreno di sua proprietà.

Tommaso, compiuta la terza elementare, venne coinvolto nei lavori agricoli della famiglia. A 26 anni, il 18 agosto 1941, si sposò con Anna Ferretti (avevano lo stesso cognome ma non erano correlati), di 3 anni più giovane, essendo nata il 24 dicembre 1918. Il 1° gennaio 1942 nacque il primo figlio, Giustino (che il papà chiamerà nel diario con il nome di Giustinello).

Vivevano nella stessa casa colonica, insieme ai genitori, un fratello anche lui sposato e una sorella nubile.

Neanche tre mesi dopo la nascita del primo figlio viene chiamato alle armi per andare in guerra come riservista. Partì da casa il 26 marzo 1942 per presentarsi nella caserma della 50° Divisione Fanteria a Macerata. Inizia così la sua “avventura” – argomento del suo Diario – prima come militare in guerra in Africa per 7 mesi  (dal 26 marzo al 6 novembre 1942) e poi come prigioniero di guerra in Inghilterra per 3 anni e 9 mesi (dal 6 novembre 1942 al 13 luglio 1946).

Ritornato in famiglia dopo il rimpatrio dei prigionieri dall’Inghilterra, continuò il mestiere di contadino nella casa paterna. Il 24 settembre 1948 nacque la secondogenita Claudia.

Nel dicembre del 1949 la famiglia lasciò la casa di campagna e il terreno al fratello maggiore Luigi e si trasferì dentro il paese di Esanatoglia, dove Ildebrando aveva due case, che diede una a Tommaso e una alla sorella Maria.

Tommaso dovette perfezionare i suoi studi elementari per prendere il diploma di quinta elementare e poter entrare nel mondo del lavoro come reduce di guerra. Fino alla pensione svolse il lavoro di bidello nella locale scuola.

E’ morto il 17 febbraio 1998, all’età di 83 anni .

Tommaso Ferretti (1915 – 1998)

 

Note sul manoscritto del Diario

Il Diario è scritto su un quaderno scolastico del tempo, a righe, composto da 31 pagine scritte, numerate, 12 pagine non numerate (in bianco), e le ultime sette pagine scritte (l’appendice al Diario), ma non numerate. All’interno 4 pagine (fronte-retro) sono state tagliate, lasciando un piccolo bordo interno. La copertina, alquanto sgualcita, è di colore azzurro mare, con il titolo scritto a penna: “Partenza per La Guerra – Piccolo Diario – 1942 – al 1946”.

La calligrafia discreta, ben leggibile, denota che lo scrivente ha compiuto le scuole elementari. Il fraseggio è semplice e popolare, ma lineare. Lo scrivente non è molto assuefatto alla punteggiatura, che, all’occorrenza, è stata inserita liberamente dal trascrittore, per dare i tempi alle frasi e accompagnare il periodo.

Il racconto contiene sprazzi di una grande lirica, di profondi sentimenti, di una struggente nostalgia per le persone della sua vita e per il suo piccolo (grande) mondo familiare. Dalla lettura del testo emerge una persona che aveva fatto poca strada nella sua vita precedente, sia in senso reale che metaforico. Strappato dalla sua casa e dal suo campo, dagli affetti familiari (un figlio di appena tre mesi), arrivò all’improvviso l’ordine di presentarsi in caserma a Macerata per andare in guerra.

Della guerra in corso probabilmente sapeva solo quello che gli raccontavano le persone “istruite” del paese, quando andava a messa la domenica nel suo paese di Esanatoglia, o i familiari di ragazzi del posto che si trovavano già in guerra. Ma era una cosa lontana, che non lo riguardava direttamente.Il resto è stata solo un’ “avventura” che scoprì di volta in volta, nel momento in cui si svolgeva: alcuni mesi di addestramento in varie caserme in Italia, poi un viaggio lunghissimo in treno fino ad Atene in Grecia, e di qui con un volo aereo direttamente sul campo di battaglia di El Alamein nel deserto libico.

Nella confusione di una disfatta militare disastrosa che era già nell’aria, gli unici punti di riferimento del nostro “eroe” (uso queste termine con senso di compartecipazione emotiva e non certo di irrisione) sono stati l’affidarsi alla volontà e all’aiuto di Dio, e il pensiero e la nostalgia della sua famiglia lontana: per ben sei volte nel diario ripete la frase “la mia amatissima consorte Anna unita (per “insieme”) al piccolo Giustinello”.

Poi, al lavoro da prigioniero nelle campagne dell’Inghilterra, l’attesa lunghissima di un rimpatrio che non arrivava mai.

In appendice al diario l’autore esprime bene con tre brevi scritti questi suoi sentimenti che non lo hanno mai abbandonato: la preghiera (“Preghiera del Prigioniero”), la nostalgia di casa (“Nostalgia”), l’amore alla patria (“La Patria: Io amo l’Italia…”).

Sotto l’aspetto linguistico, il Diario è il racconto di uno che ha fatto la terza elementare, quella di una volta, però, che comunque insegnava a leggere e a scrivere decentemente.

Nel testo appaiono frequentemente dizioni, parole e frasi del dialetto locale, che nella trascrizione sono state lasciate.  Il dialetto del territorio di Matelica e dintorni risente della mescolanza di dialetti esistenti nella zona di confine tra la Provincia di Macerata a sud, la Provincia di Ancona a nord e l’Umbria ad ovest.

Alcuni esempi di parole, frasi e modalità dialettali:

Arivato, arivare, arivò con una sola “r”, invece di “arrivato”, “arrivare”, “arrivò”; oppure rivando, invece di “arrivando”;

Aggià, invece di “già”;

Lassai, invece di “lasciai”; si alterna con il normale “lasciai”, “lasciare”.

Immezzo, invece di “in mezzo”;

Ugoslavia, invece di Yugoslavia”;

Smontato, smontare (dal treno), invece di “scendere” o di “interrompere” (smontare di servizio di guardia);

d’entro invece di “dentro”;

l’arsore, invece di “l’arsura”;

assera, invece che “a sera”;

– “troppa”, invece di “molta”;

i spostamenti, invece di “gli spostamenti”;

a invece di “ha”;

in furia, per “di corsa”;

– eliminazione di consonanti doppie: verà, invece di “verrà”; camino, invece di “cammino”; boraccia, invece di “borraccia”; insoportabile, invece di “insopportabile”;

– uso frequente del singolare, invece del plurale nelle forme verbali: era, invece di “erano”, ariva, invece di “arrivano”; girava, invece di “giravano”, ecc.

i nostri cuori sono rimasti immutati, per “i nostri cuori sono rimasti immutoliti”.

Bibliografia essenziale

Battaglia di El Alamein, 23 ottobre-4 novembre 1942, in:

http://arsbellica.it>pagine>contemporanea>El_… (pubblicato 06/11/2009).

– Insolvibile Isabella, Wops. I prigionieri italiani in Gran Bretagna (1941-1946), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012.

– Pastorello Vito, Campi Prigionieri di Guerra in nord Africa, in: https://www.pastore vito.it> (posted 18.10.2015)

– Ravizza Riccardo, Mappa ed elenco dei Campi di Prigionia in Inghilterra, in: https:/www.riccardoravizza.com>index.php>articoli.

2.

 CHIAMATO ALLE ARMI

LA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

(dal 26 marzo al 6 novembre 1942)

Note riassuntive del Diario

Addestramento e trasferimento nel teatro di guerra

Richiamato sotto le armi, Tommaso fece un addestramento molto rapido di tre mesi e mezzo nelle caserme di Macerata, S. Maria Capua Vetere, Tarquinia, Villa Castelli. Essendo un riservista, viene assegnato alla Compagnia Servizi 3° Reggimento Paracadutisti che, una volta sul fronte della guerra in Libia, si unì alla Divisione Folgore Paracadutisti.

Il 26 agosto Tommaso raggiunse la base della Divisione Folgore Paracadutisti, che era schierata sulla parte meridionale del fronte di guerra, nel momento preciso in cui avvenne lo scontro finale tra i due schieramenti italo-tedesco da una parte e anglo-australiano dall’altra. Si tratta della famosa seconda battaglia di El Alamein, un evento decisivo per l’andamento della seconda guerra mondiale.

In mezzo a bombardamenti continui, confusione tra i vari reparti, ritirate improvvise. Ci si mise anche un incidente che procurò una distorsione dolorosa ad un piede. Dopo due mesi di questo inferno, la resa da parte italiana e la prigionia.

Le battaglie di El Alamein

El Alamein: un nome che riporta la mente a due importanti battaglie. La prima è datata 1° luglio – 27 luglio 1942, la seconda 23 ottobre – 4 novembre 1942.

La prima battagli di El Alamein. Nel luglio del 1942 l’Armata corazzata italo-tedesca comandata del feldmaresciallo Rommel – costituita dalla Panzerarmee Afrika tedesca e da due corpi d’armata italiani dei quali uno di fanteria ed uno meccanizzato – dopo la grande vittoria di Gazala e aver costretto la guarnigione di Tobruk (forte di 33.000 uomini) alla capitolazione, era riuscita ad addentrarsi in Egitto, con l’obiettivo di troncare la vitale linea di rifornimenti britannica del canale di Suez, occupando i campi petroliferi del Medio Oriente.

La seconda battaglia di El Alamein si svolse tra il 23 ottobre e il 3 novembre 1942. A seguito della prima battaglia di El Alamein, che aveva bloccato l’avanzata delle forze dell’Asse comandate dal generale Erwin Rommel, il generale britannico Bernard Montgomery prese il comando dell’Ottava Armata britannica, nell’agosto 1942. Il successo britannico in questa battaglia segnò il punto di svolta nella Campagna del Nord Africa, che si concluderà nel maggio 1943 con la resa delle forze dell’Asse in Tunisia.

 

Il campo di battaglia di El Alamein

 

La battaglia di El Alamein provocò la morte di 13.500 inglesi, 17.000 italiani, 9.000 tedeschi e fu una delle più decisive della seconda guerra mondiale: scrisse la parola fine alla minaccia italo-tedesca sul canale di Suez, consegnando il dominio assoluto del Mediterraneo agli inglesi. Cancellando dallo scacchiere un intero fronte, in prospettiva aprì la strada al secondo fronte, ossia allo sbarco in Sicilia destinato a riportare gli alleati in Europa.

Gli ultimi a cedere a El Alamein furono i paracadutisti della Folgore. Abbarbicati al margine della depressione di El Qattara, avevano di fronte il 13° corpo d’armata che, secondo la versione inglese, doveva impegnarsi solo per dare vita a un falso scopo, mentre in realtà dovette combattere una delle più dure e logoranti battaglie locali di sfondamento dell’intero fronte. Gli uomini della Folgore resistettero per 13 giorni senza cedere un metro. Alla resa ebbero l’onore delle armi e il nome della loro divisione restò da allora leggendario.


  1. Il Diario di Tommaso Ferretti

Diario, pagg. 1-18

Partenza per la guerra

Piccolo Diario

1942 al 1946

Questo semplice diario è incominciato a scrivere il mese di Aprile 1944 in Inghilterra.

Partenza del mio richiamo alle armi 1942

Sono partito dalla mia amata casa il giorno 26 Marzo del 42, ho lasciati i miei cari genitori e l’intera famiglia, e la mia amatissima consorte Anna, unita al piccolo Giustinello lasciandogli il mio grande Bacio.

Anna Ferretti, moglie di Tommaso, con il piccolo Giustino

Il giorno stesso sono arrivato al Cinquantesimo Fanteria Macerata.

Il giorno 4 Aprile ho avuto un piccolo permesso di 24 ore per essere unito ai miei cari lontani per la S. Pasqua, il giorno -6-  ritorno al corpo militare, ero aggià in elenco dei partenti, e sono partito il giorno 8, e il giorno 9 sono arivato a S.Maria Capua Vetere Compagnia Servizi 3º Reggimento Paracadutisti  e lì sono stato circa un mese.

Il giorno 8 Maggio sono partito per Tarquinia, il giorno 16 ebbi un permesso di 48 ore per riabbracciare I miei cari lontani specie il mio piccolo unito alla sua cara mamma.

Il giorno 18 Maggio sono andato a S. Cataldo unito alla mia cara Anna con una grande soddisfazione ma anche con un grande dolore al cuore, e fatto anche delle preghiere che il gran Santo mi accompagnasse sempre.

Alla sera stessa alle ore 9 sono ripartito  e ho dato l’ultimo abbraccio ai miei cari genitori e famiglia, specie al mio piccolo Angioletto che lo lassai nel suo piccolo lettino come un vero Angiolo, gli lassai il mio grande bacio, e lasciarlo con un grande dolore al cuore, con le lacrime agli occhi.

La mia amatissima consorte Anna mi volle accompagnare pochi passi assieme alla cognata Clara.

E immezzo alla strada ci siamo dato l’ultimo abbraccio, l’ultimo bacio del nostro grande Amore, sotto il grande cielo stellato che brillava sopra ai nostri cuori. E lì ci siamo lasciati.

E ci siamo allontanati e sperduti nel buio, con le lacrime agli occhi e con il più grande dolore che poteva esistere nei nostri cuori.

E affrontare il grande destino a noi assegnato da Dio.

Arivato alla Stazione di Matelica con un grande dolore pensando ai miei cari lontani, specie alla mia cara Anna unita al piccolo Giustinello, che sarà l’Angelo che ho sempre al cuore e mi accompagnerà sempre, ecco la mia grande speranza che io ho oggi nel cuore, pensando sempre al più presto di poterlo riabbracciarlo unito alla sua cara mamma.

Circa il giorno 20 Giugno sono partito da Tarquinia per il Campo vicino Taranto in un villaggio chiamato Villa Castelli, e lì sono stato un altro mese, sempre con la grande speranza di avere la licenza agricola per poter riabbracciare i miei cari lontani, specie il mio caro piccolo unito alla sua cara mamma.

Invece mi rimase in gola.

Il giorno -21- Luglio sono ripartito e mandato alla Stazione di Francavilla e ho traversato tutta l’Italia, Ugoslavia (?), Bulgaria, Grecia. Scrivendo qualche cartolina di velocità ai miei cari lontani.

Smontato il giorno -30- alla stazione di Tettovia (?), Grecia, nelle prime ore del mattino, ho fatto 9 giorni di viaggio di treno. Lì sono stato giorni -6- e in quei giorni ho visitato due volte la grande città di Atene.

Il giorno 6 Agosto alle ore 7 del mattino sono andato in un Campo di Aviazione oltre passato Atene chiam(at)o Pireo, in pochi minuti mi trovai d’entro a un grande Apparecchio, partenza per l’Africa, la prima grande emozione che ha provato il mio cuore, pensando al mio caro Angioletto unito alla sua cara mamma, e ai miei cari genitori lontani e io sperduto nelle nubi alzate verso il Cielo.

Alle ore 7,50 sono partito e sono arivato alle ore 10,50 in un Campo di Aviazione oltre passato -30- chilometri Tobruck, vedendo il grande deserto e sentire il sole che bruciava, incominciava aggià l’arsore delle sede. Il giorno 22 Agosto sono ripartito in colonna di macchine, e ho viaggiato altri 4 giorni e sono arrivato al DABA’, il giorno 26 alla base Divisione Folgore Paracadutisti.

Il giorno 28 a notte ho provato il primo grande bombardamento solo Dio mi ha salvato ma sempre coraggio; nelle ore di notte non si conosceva il sonno, per causa degli apparecchi nemici e bombardamenti: questa vita circa 2 mesi.

Il giorno 30 Ottobre a sera ero di servizio di guardia, dovetti smontare di servizio e partire verso la linea del fuoco.

Sono partito in macchina in colonna alle ore 10 di notte e sono arivato alle ore 11 del giorno dopo, schivando parecchi pericoli, rivando in una piccola base a distanza 5 chilometri dalla linea.

Arivando lì in viaggio mi ero fatto male a un piede, il destino volle così, e lì sono stato 2 giorni con un dolore insoportabile, e essere sotto ai tiri dell’artiglieria nemica. E lì per buona fortuna un mio intimo amico Cacciarini Giovanni, lui aggià si trovava lì da parecchi giorni, e per buona grazia sua parlò con l’ufficiale per potermi rimandare alla base (da) dove ero partito, il giorno 2 Novembre assera sono ripartito con altri due ammalati, e si doveva passare al Quartiere Generale e lì si doveva restare tutta la notte e ripartire al mattino.

Poco prima di arivare al Quartiere Generale incontrai colonne di carri armati, ma non pensavo mai a quello che poteva avvenire; alla notte, a mezzanotte: Sveglia! Sveglia! che si doveva spostare il Quartiere Generarale che c’era una piccola ritirata, e via più indietro.

Alla mattina circa circa le ore 7 si incominciava a vedere molta truppa in movimiento a un chilometro circa di distanza da noi, si spostavano per formare una seconda linea.

Lì dovetti stare tutto il giorno 3 e anche la notte perchè le macchine erano occupate, e lì si stava a pochi centinaia di metri dal nemico, si vedeva tutti colpi dell’Artiglieria nemica.

Oh! Che brutte ore quel giorno e quella notte!

Nelle prime ore del mattino del giorno 4 sono ripartito per la base pasando immezzo a grandi pericoli, passando immezzo alle nostre truppe, nostri fratelli, nostri compagni, erano tutti sbandati, per poter riprendere posizioni e formando una seconda linea, ma era impossibile, tutte le armi erano in piena ritirata, non era più possibile di poter affrontare un nemico troppo potente.

Ebbene, dopo tanti sforzi e tanti pericoli sono giunto alla base alle ore 10 del giorno stesso; la mia Compagnia era partita il giorno prima, era rimasti solo 4 militari per servizio ordinato.

E alla sera stessa arivò altri 3 miei amici che erano partiti da dove io ero partito e lì sono rimasto tutta la notte.

Il giorno 5 a mattina con questi 3 amici ci siamo decisi. E via a metterci in viaggio di ritirata e poter raggiungere la nostra Compagnia.

Alle ore 8 siamo partiti portando via la roba più necesaria, boraccia piena d’acqua e un po’ da mangiare. E via in camino. Io camminavo sopra le mie forze del piede che avevo rovinato, la troppa volontà che mi trasportava, perché mi sentivo che tra un momento a l’altro di essere preso dal nemico. Era momenti troppo dolorosi.

Il mio grande pensiero era sempre rivolto a Dio e al mio caro Angioletto che mi accompagnasse sempre, specie in quei momenti camminando sopra le mie forze. Per buona fortuna tutto si trovava, tutto ben di Dio, era tutto abbandonato.

Fatti circa 15 chilome(tri) passando il Campo di Aviazione del DABA’, abbiamo trovato parecchia truppa che anche loro tentavano di scappare, ma non c’era più alcuna via di scappo.

Era verso mezzogiorno, si incominciava a sentire i primi tiri di sbaramento, e non si poteva più andare avanti, sempre con la speranza di Dio che aprisse la grande strada.

Ho spettato tutta la notte che si aprisse la grande strada, ma nulla si vide. Che notte di dolore! di malinconia! quanti pensieri girava nella mia testa!

Mi trovavo ranicchiato vicino alle onde del mare che col suo grande rumore mi tormentava, e anche una buona pioggia che mi manteneva fresco.

Si fece giorno e l’Apparecchi nemici giravano a bassa quota, ogni tanto scaricava le sue mitraglie.

Circa le ore 8 del mattino del giorno 6 Novembre incominciai a vedere a distanza sventolare la bandiera bianca, fazzoletti bianchi in mano.

Il mio cuore rimase soffocato, e per la prima volta ho sentito la parola “Camon”? (Come on = avanti!).

3.

PRIGIONIERO DI GUERRA n. 254785

(dal 6 novembre 1942 al 1 ottobre 1945)

Note riassuntive del Diario

Secondo Rochat i soldati catturati dagli Inglesi in Africa settentrionale e in Etiopia furono circa 400.000, quelli presi dagli Americani in Tunisia e in Sicilia 125.000. Infine, vi furono gli oltre 40.000 militari lasciati ai francesi in Tunisia. Centinaia i campi, che spaziarono dall’Inghilterra al Medio Oriente, dal Sudafrica all’India.

L’interesse degli Alleati per i prigionieri fu dovuto, innanzitutto, al loro utilizzo di manodopera a basso costo. Tant’è vero che, anche dopo l’armistizio, gli italiani, salvo alcuni gruppi di ufficiali, non vennero affatto liberati. L’unica conseguenza fu la richiesta rivolta loro di firmare una generica adesione alla guerra contro il nazi-fascismo e a diventare “cooperatori”, cioè leali collaboratori nel lavoro prestato.

Per il resto, non vi furono altre conseguenze. I prigionieri continuarono a lavorare nell’attesa della liberazione. Per quanto riguarda il numero dei “cooperatori”, la percentuale degli accettanti fu di circa i 2/3, con differenze variabili da campo a campo….

Gli italiani detenuti nei campi inglesi, pur vivendo situazioni migliori di quelli internati in Germania, erano considerati solo come manodopera a basso costo. Denominati con l’appellativo dispregiativo di “Wops”, derivante dall’anagramma di “Pows” (“prigionieri di guerra”) e dalla trasposizione inglese del termine “guappo”, anche dopo l’8 settembre non migliorarono molto la propria condizione.

Le autorità britanniche, infatti, si guardarono bene dal reclutare militari italiani per inviarli a combattere i nazifascisti, continuando a trattenerli per sfruttarli soprattutto nei lavori agricoli, dove erano considerati molto più affidabili degli altri prigionieri. Del resto il governo italiano non si interessò molto alla loro condizione e, anche nel dopoguerra, continuò a considerarli “merce di scambio” per accreditarsi presso gli Alleati, paventando il momento del loro rientro in Patria per le conseguenti problematiche di reinserimento lavorativo.

da: Michele Strazza, I soldati italiani prigionieri degli Alleati, in:  http://win.storiain.net/arret/num197/artic5.asp

Diario, pagg. 18-26

Mi fece subito la prima rivista; entro qualche ora caricato in macchina e i nostri valorosi autisti pilotava(no) le macchine e via al Campo di EL’ ALAMEIN.

Solo in quel punto ho trovato 7 Reparti di macchine, circa 1.000 macchine tutte eficenti (?), tutte cariche per scappare, invece tutto in mano al Nemico.

                             Catturato 6.11.42

Tutti i spostamenti della mia prigionia.

Il giorno 6 Novembre sono stato catturato al Dabà, passato il Campo di Aviazione alle ore 8 circa del mattino.

Partito di lì sono andato al primo Campo di Concentramento di El Alamein, da lì partito il giorno 7, e sono andato al Campo di Alessandria, da lì sono ripartito il giorno 12, e sono andato al Campo 310, Suez, gabbia 3ª.

1943

Il giorno 24 gennaio sono stato smistato, e sono andato alla gabbia 4 in attesa di partenza, il 5 luglio sono stato smistato di nuovo sempre per partire e sono andato alla gabbia 6, il giorno 11 alla gabbia 7, il giorno 13 alla gabbia 8 e lì sono restato circa 7 mesi. 

Il tesserino di prigioniero

 1944

Il giorno 27 febbraio ho lasciato la gabbia 8 e mi sono imbarcato al Porto di Suez e sono partito il giorno 29 a mezzogiorno e giorni 2 sono stato fermo al Porto di Said, mezza giornata al Porto di Gibilterra, e sono arrivato il giorno 15 al Porto di Clascon (Glasgow) in Scozia, e poi altri 4 giorni fermi a bordo. In tutto ho fatto 22 giorni di mare.

Il giorno 20 marzo sono sbarcato alle ore 12 e ho fatto altre 5 ore di treno e un’ora e mezzo a piedi, e sono arivato al Campo di Concentramento N. 18 Scozia.

Compagni di prigionia del Campo 52

 

Oggi 9 Aprile

É la S. Pasqua. Ho fatto la S. Comunione ringraziando Gesù, che mi (h)a sempre accompagnato fino oggi e mi (h)a salvato da tanti pericoli e così spero che mi accompagnerà anche per l’avvenire.

Il giorno 17 Aprile sono ripartito dal Campo 18, un’altra ora e mezzo a piedi e 6 ore di treno alla stazione di Retford, lì pronti gli autobus  e altri 7 chilometri al Campo 52, Inghilterra, lì trovando degli amici provinciali.

Il primo Maggio sono andato a lavorare, un lavoro lungo a una strada, 2 ore e mezzo di autobus andata e ritorno ogni giorno; questo lavoro è durato 4 mesi; la mia paga o sia la paga del prigioniero è di un penno (penny) e mezzo ogni ora, il mio riposo è mezza giornata del sabato e Domenica.

Il prigioniero finisce un lavoro, subito pronto un altro.

Il giorno 3 ottobre a incominciato a sciogliere il Campo 52, i primi siamo partiti 200, il giorno 3, in un Campetto a distanza 8 miglia si trovava in un villaggio chiamato BLYTH BLAIT.

 

Compagni di prigionia del Campo 52

 

Il Campo grande è stato sciolto per mettere i Tedeschi e noi Italiani un pochi per parte siamo sparsi come tante pecore.

Il giorno 30 Dicembre sono stato trasferito di nuovo e sono andato al Campo N. 70, 14 ore di treno ho viaggiato; questo Campo  si trova in una regione d’Inghilterra che si chiama Gales (Galles, Wales).

 

Retro di una foto inviata alla moglie dal Campo 70

 

Quel giorno lo ricorderò sempre con affetto perchè era il terzo compleanno del mio caro piccolo Giustinello. Sempre coraggio e fede in Dio che un giorno lo potrò riabbracciare…

 

4.

IL RIMPATRIO RITARDATO

(dal 1 ottobre 1945 al 13 luglio 1946)

Note riassuntive del Diario

La Prigionia dei soldati italiani non termina con la fine della guerra

La lunghissima prigionia dei soldati italiani in Gran Bretagna non ha lasciato, in quel paese, segni materiali evidenti: i circa duecento campi, le centinaia di hostels e di fattorie che li ospitarono tra 1941 e 1946 non conservano tracce della permanenza degli italiani, e nella memoria locale, quando esiste, tali campi o alloggi sono considerati «tedeschi», in ricordo dei prigionieri germanici che, anche se per un periodo più breve, vi furono ospitati.

Catturati in grandi quantità sui fronti africani tra 1941 e 1943, e trasferiti nella madrepatria britannica perché ritenuti, a differenza dei tedeschi, non pericolosi per quanto riguardava la sicurezza interna, innocui da un punto di vista politico, incapaci da un punto di vista militare, ma adeguati a rimpiazzare la manodopera autoctona nelle tenute agricole britanniche, gli italiani vissero in Gran Bretagna una cattività che, da un punto vista strettamente materiale, può essere considerata «buona». Furono ben nutriti, ben alloggiati, curati; svolsero un lavoro retribuito e sicuro, ebbero la possibilità di istruirsi e di svagarsi.

Ciononostante la prigionia – condizione perdurante che non venne modificata, per volontà dei detentori, neanche dall’armistizio del settembre 1943, dalla successiva cobelligeranza, dalla cooperazione e addirittura dalla fine della guerra – fu devastante da un punto di vista psicologico: disprezzati dalla popolazione – che spesso e volentieri li irrideva chiamandoli «wops», guappi, terroni – e dalle autorità detentrici, utilizzati come manodopera a basso costo a completa discrezione del governo britannico, dimenticati dalle autorità italiane postfasciste, quando non usati come «merce di scambio» per la cobelligeranza o per un trattato di pace meno duro, i soldati furono trattenuti in prigionia fino al 1946 inoltrato, quando cominciarono a rientrare in patria, e si trasformarono in una massa di reduci sconfitti, che l’Italia affannata del dopoguerra avrebbe visto volentieri partire di nuovo, in veste di emigranti.

Tutta questa storia, fatta di migliaia di storie individuali, è finalmente oggetto di una ricostruzione monografica e approfondita, basata su un ampio materiale documentario italiano e britannico.

da: Isabella Insolvibile, Wops. I prigionieri italiani in Gran Bretagna (1941-1946), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012, con prefazione di Paolo De Marco.

 

Diario, pagg. 27-31

                                      1945

Il giorno 7 Maggio è giunta l’ora, la fine di una grande guerra in Europa dopo 5 lunghi anni di sofferenza e dolore. Ora aspetto quel giorno tanto desiderato e tanto sospirato del mio rimpatrio per riabbracciare la mia amatissima consorte unita al piccolo Giustinello e tutta l’intera famiglia, specie la mia cara mamma che aggià tre anni finiti che sono lontano dal suo cuore. Passerà ancora mesi, ma verrà quel giorno (di) gioia che si spezzeranno queste catene di questa disgraziata e dolorosa vita, per poter ricominciare una nuova vita.

Con coraggio attenderò questo grande giorno.

Il giorno 15 luglio trasferito ancora a un nuovo distaccamento formato da 50 uomini, questo HOSTEL  si trova proprio in un villaggio che si chiama ABERAYRON a 16 miglia di distanza dal Campo 70.

Sempre coraggio, anche qui attenderò il mio rimpatrio.

Il giorno 15 Agosto è ritornata la Pace per tutto il Mondo.

Dal primo ottobre sono passato cooperatore nel senso materiale ma no nel senso morale, nel mio punto di vista sono stato costretto.

Il mio grande sentimento è di riabbracciare i miei cari lontani, ma questo giorno è troppo duro ad arivare, ma sempre coraggio, seguirò il mio destino assegnato da Dio.

                                      1946

Finalmente arivò l’ora tanto desiderata, l’annnuncio del nostro Rimpatrio, questo avvenne il 5 luglio. Il 6 l’imbarco sul … (spazio bianco) vicino Londra.

Il giorno 12 sbarcato a Napoli alle ore 10.  Ci attendevano la musica napoletana e tante autorità  di Napoli, ma i miei occhi si riempirono di lacrime come quasi di tutti noi prigionieri vedendo tutto il disastro della guerra che aveva recato nel porto di Napoli, con un profondo dolore così si chiudeva il cuore.

Sbarcato al primo concentramento di Napoli. Dopo poche ore preso il treno per Roma, al secondo concentramento Roma poche ore dopo. Il giorno 13 presi il treno per il mio Paesello, arivato a Matelica alle ore 6 del mattino e alle 7 al mio Paesello nativo, e il primo abbraccio fu con Giuseppe Cilla, e poi presi subito la via della mia casetta. Il primo abbraccio con i miei cari fu con mio Padre prima di entrare in casa, poi con mia Madre, e  le domando: dove è Anna col mio piccolo Giustino?

Mi risponde: il piccolo Giustinello ancora dorme, e  Anna si sente poco bene. Era malata?  Entro in furia in camera, mi precipito verso il lettino del piccolo Giustinello, lo abbraccio e lo bacio gridando: Angelo mio! Poi scoppiai in pianto, mi giro verso la mia cara Anna, ci siamo dati il nostro abbraccio, ma i nostri cuori sono rimasti immutati, questo è il nostro destino.

Sempre coraggio, sarà quel che Dio vuole alla sua volontà.

Ferretti Tommaso

Sempre ricorda, mai più dimenticherà.

 5.

APPENDICE AL DIARIO

(le ultime 7 pagine, non numerate)

Il Diario termina a pag. 31. Il quaderno continua con 5 pagine in bianco da ambedue le facciate. Quindi seguono tre pagine scritte come “Appendice” al diario, pagine non numerate, con tre titoli:

    • Preghiera del Prigioniero

    • Nostalgia

    • La Patria

1. Preghiera del Prigioniero

O Dio, Signore,  la mia preghiera.

E’ un prigioniero che parla a te.

La madre mia, la mia famiglia,

la Patria bella proteggi tu:

Veglia su loro; conserva a lungo la loro vita,

la fede ancor.

Fammi presto tornar…

fammi presto tornar…

Fà che la Pace torni a regnar

Fà che la vita torni a fiorir.

Perdona il Mondo, siam peccatori

Abbi di noi tanta pietà

Indica ancor la giusta via

Mostraci ancora la tua bontà

Fammi presto tornar

Fammi presto tornar.

(Altra preghiera)

Pietà o Signor del nostro patrio suolo

Noi ti preghiamo ai piedi del Santo Altar

La Patria nostra, ah! si volge in duol

A te la prece ascende e il sospirar

Dio di clemenza, Dio Salvator

Deh! Salva l’Italia nostra per il tuo Sacro Cuor.

……………….

……………….

Pietà o Signore sul mio calvario in pianto

Di Chiesa santa geme il gran Pastor

Deh! Rendi gloria al nostro Padre santo

Con un trionfo pari al suo dolor

Dio di clemenza, Dio Salvator

Deh! Salva l’Italia nostra per (il) tuo Sacro Cuor.

………………

……………..

2. Nostalgia

Campo P.O.W.  N°. 52         TANGO   1944

Senza quella viva fiamma

senza il tuo dolce Amore

è una vita triste e vana,

resta solitario il cuore,

sento in me una nostalgia

nostalgia del mio cuore

solo d’Amore palpitar.

Ritornello

Mammina mia

ascolta questa mia canzone

è quella voce

del figlio tuo prigioniero.

Lassù nel Cielo

ci sono tante e tante stelle

tra le più belle

una di quelle sei tu.

Tornerà per me la vita

tornerà per me l’Amore

attendi e spera il mio ritorno

voglio rivederti ancor…

Tornerà la Primavera

e con essa tutti i fiori

ma se tu non ci sarai più

il mio cuor si spezzerà.

Ritornello

Mammina mia

felicità di questo cuore

Ah! quanto Amore

col dolce sguardo davi tu.

Quanti ricordi

della gaia giovinezza;

solo la mamma

sa dar felicità.

Finalino

………………..

……………….

Solo la mamma

con la sua dolce tenerezza

saprà ridare

vera felicità

… felicità…

3. La Patria

Io amo l’Italia

perchè mia madre è italiana;

perchè il sangue che mi scorre nelle vene è italiano;

perchè è italiana la terra dove sono sepolti i morti che mia madre piange e che mio padre venera;

perchè ho lasciato il mio proprio sangue al mio caro piccolo, e la mia amatissima sposa;

perchè il paese dove sono nato è lingua che parlo, i libri che mi ha(nno) educato;

perchè mio fratello, mia sorella, i miei compagni, e il grande popolo in mezzo a cui vivo, e la bella natura che mi circonda, è tutto ciò che vivo, che amo,

e quel poco che ho studiato e studio, che ammiro, è Italiano.

Questo affetto sentirò più grande un giorno ritornando all’amata Patria e alla mia amata casa.

Questo grande affetto lo sentirà un uomo quando sarà un vero uomo,

quando ritornando da un lungo viaggio, dopo una lunga assenza,

e affacciandosi una mattina al parapetto della Nave,

vedrà all’orizzonte le grandi montagne azzurre del suo paese,

lo sentirà allora nell’onda impetuosa del mare,

onde di tenerezza che gli empirà gli occhi di lacrime

e gli strapperà un grido dal cuore.

Inghilterra, 6.5.44  (6 maggio 1944).

La Patria

 

 

One Reply to “Un diario di guerra”

  1. Gisleno Compagnucci ha detto:

    Buona serata, dove è possibile acquistare il volume
    Grazue

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