Bella ciao è la canzone simbolo della Resistenza italiana, sinonimo della lotta di liberazione e riadattata mille volte in mille modi e tante lingue. La si sente intonare ancora, qua e là, nelle manifestazioni generalmente di sinistra (o quel che ne rimane, dai Fridays for future alle rivolte in Turchia) e persino nelle serie tv come la spagnola Casa di carta.
Eppure, a 76 anni dalla Liberazione la canzone dei partigiani è un mistero: non si sa ancora bene quando sia nata, né dove esattamente. C’è addirittura chi, tra gli storici revisionisti che hanno seguito la scia di Giampaolo Pansa, ha sostenuto che i partigiani non l’avrebbero mai cantata.
Cesare Bermani, lo studioso che più si è dedicato al tema, ha detto una volta che “la storia di Bella ciao è un romanzo mai finito”. Ed è un romanzo costellato di scoperte e colpi di scena. La tesi più accreditata oggi la fa risalire al 1944, probabilmente nel centro Italia. Ora arriva sul tavolo una nuova ipotesi: Bella ciao sarebbe originaria delle Marche. Lo afferma, basandosi sul ritrovamento di un documento inedito, lo storico marchigiano Ruggero Giacomini, in un saggio che esce per Castelvecchi, dal titolo assertivo: Bella ciao. La storia definitiva della canzone. Per la precisione Bella ciao sarebbe nata in provincia di Macerata.
Le indagini su Bella ciao sono iniziate relativamente tardi. Solo alla metà degli Anni 60. Fino ad allora i canzonieri resistenziali non la contemplavano neanche, a differenza della cugina più “rossa” Fischia il vento. Si sapeva solo, grazie allo storico Eugenio Cirese, che discendeva da una canzone d’amore: Fior di tomba, scritta dal diplomatico cavouriano Costantino Nigra a fine ‘800, e che nel 1915 era entrata a far parte del repertorio della trincea.
Questo finché un pugno di storici e musicologi, Roberto Leydi, Gianni Bosio, Cesare Bermani e il progetto del Nuovo canzoniere italiano non decidono di partire – zaino in spalla e registratore in mano – tra le valli e le montagne a cercare le origini della canzone tra i protagonisti della Resistenza. Bermani racconta quella stagione in Bella ciao. Storia e fortuna della canzone, uscito per Interlinea l’anno scorso.
Il metodo è quello della “storia orale”: indagare domandando. È un procedimento innovativo, che porta risultati ma anche, inevitabilmente, errori. La pista più promettente, per esempio, si rivela falsa nel giro di qualche anno. Si era creduto che Bella ciao fosse un calco di un canto delle mondine emiliane. Però poi spunta fuori che in realtà quel canto era stato composto nel 1951. Tutto da rifare. Ma Bosio e Bermani non si danno per vinti. Nel 1965 accertano che Bella ciao si cantava nel 1944 a Reggio Emilia, e grazie ad altre testimonianze localizzano la versione più antica della canzone sulla Maiella, in Abruzzo.
La genealogia abruzzese era finora l’ipotesi più accreditata. Ora, però, Giacomini sostiene che quei partigiani della Maiella non avrebbero inventato Bella ciao, ma l’avrebbero ripresa da un motivetto ascoltato nelle Marche, regione snodo di vari cammini partigiani e dove si trovava un grande accampamento partigiano sul Monte San Vicino.
Le prove addotte sono una lettera privata, finora inedita, e un opuscolo di un parroco di Poggio San Vicino, alle pendici dell’omonimo monte, che cita due versi di Bella ciao.
Mentre l’opuscolo era già noto, ma considerato poco dirimente, è la lettera a rappresentare per Giacomini il tassello mancante, la prova schiacciante sull’origine marchigiana di Bella ciao. La carta è datata 24 aprile 1946, la firma è di Lydia Stocks, che scrive dall’Inghilterra all’ex comandante azionista della brigata Garibaldi Marche, Amato Vittorio Tiraboschi. Da poco i carteggi di Tiraboschi sono stati acquisiti dall’Archivio Istituto Storia Marche di Ancona, dove Giacomini li ha trovati. “Ricordo tutto quello che abbiamo provato – scrive Lydia Stocks in un italiano incerto – tutti quelle giovani ragazzi che andavano morire con il canto Bella ciao”. In favore dell’autenticità di questa testimonianza ci sarebbe il fatto che Stocks, trasferita in Inghilterra, non poteva essere viziata dall’influenza dal dibattito italiano sulla canzone.
Come mai nessuno era andato a cercare Bella ciao nelle Marche? “Nella storiografia sui partigiani le Marche non sono quasi mai presenti”, risponde Giacomini al Fatto. “È un errore, perché nella Regione l’esperienza resistenziale è stata di massa e precoce”. E l’accampamento del Monte San Vicino, in particolare, dove la canzone sarebbe nata, era “una realtà particolare, che ospitava anche momenti ludici”, in cui per gioco o per passione qualcuno avrà pensato di adattare un vecchio motivo.
Queste testimonianze, scrive l’autore, “consentono di mettere un punto fermo… Più precisamente, possiamo dire che nella primavera del ’44 sul monte San Vicino, nel cuore delle Marche, i partigiani cantavano Bella ciao”.
Ora resta da capire come reagiranno gli studiosi della canzone. Il “romanzo mai finito” di Bella ciao potrebbe avviarsi a una conclusione. Ma prima sembra ancora avere qualche capitolo da scrivere.
Riccardo Antoniucci (da Il Fatto Quotidiano del 6 aprile 2021)