arriva il boom delle televisioni
Dopo la prima fase sperimentale iniziata fin dal 1949, la programmazione ufficiale della RAI Radio Televisione Italiana iniziò il 3 gennaio 1954, ma il segnale televisivo giunse ad irradiarsi su tutto il territorio nazionale, con molti problemi e molte zone senza copertura, alla fine del 1956. Qualche televisore, che agli inizi costava una tombola, cominciò ad arrivare anche da noi; ma la ricezione del segnale e la qualità della visione lasciavano molto a desiderare, come avveniva anche in tante altre zone d’Italia. Ma la strada era ormai tracciata e nel giro di due o tre anni vi fu uno sviluppo costante del numero degli abbonati, del perfezionamento degli apparecchi e del potenziamento del segnale. Un fenomeno in continuo progresso, in tutta Italia e anche da noi.
Sarebbe interessante ricostruire il flusso di questa propagazione nella nostra piccola realtà. E’ forse una deformazione mentale legata a questo momento, immaginare di conoscere “l’abbonato zero” di Esanatoglia da cui poi… il contagio e l’effetto… pandemico.
Quindi è un invito a tutti quelli che hanno vissuto quel periodo, a contribuire coi propri ricordi per ricomporre il mosaico della storia dell’avvento della televisione, tirando fuori date, circostanze, ricordi, particolari vari. Proviamo una riscrittura collettiva di quello che è stato un vero cambiamento epocale.
Nei miei ricordi trovano posto le uscite serali del giovedì con mio padre che mi portava a vedere “Campanile Sera” da lu Caffè de Carluccittu (Gino Modesti) che era sul Corso a fianco del forno che fu de Marino, e che in quelle occasioni era sempre gremito in ‘ogni ordine di posto’.
Nel giro di qualche anno furono sempre di più le case invase dal nuovo ospite.
Ma il boom vero e proprio della televisione e dell’acquisto di televisioni (ricordiamo che nel nostro parlato è un unico termine, per cui anche l’apparecchio veniva/viene definito così, una inconsapevole metonìmia per cui, molto prima della fine del monopolio RAI, a Esanatoglia… “ognunu se potìa comprà la televisione”), la vera consacrazione definitiva, da noi si ebbe con l’istallazione sul cocuzzolo della collina di San Giovanni di quello che all’epoca, agli occhi di un bambino, appariva come un concentrato di tecnologia ai limiti della fantascienza, un’immagine futuristica che non aveva nulla da invidiare alle rampe di lancio sovietiche da cui appena un anno prima era stato lanciata la Vostok 1 dentro cui era incapsulato Jurij Gagarin, il primo uomo ad orbitare nello spazio: lu Ripetitore.
C’era chi, ancora qualche anno dopo, appena adolescente, continuava a percepirlo, almeno dall’espressione e dalla posa, con questa sorta di incantamento, una specie di venerazione alimentata dalla percezione di possibili echi futuri, di prospettive imperscrutabili (forse erano i primi effetti ancora sconosciuti delle radiazioni elettromagnetiche…).
Il nostro Comune aveva richiesto l’istallazione di un’antenna fin dal gennaio del 1960. Ci vollero due anni e mezzo per ottenere dalla RAI lo sforzo economico di 8 milioni di lire che consentì la realizzazione dell’opera “con grande soddisfazione degli Amministratori e degli Amministrati” .
Allora eccolo, questo simbolo di progresso che veniva a stagliarsi sul nostro orizzonte, come fosse, seppur a più bassa quota, una risposta laica all’altro simbolo, quello religioso, anch’esso puntato dritto al cielo, ch’era da poco stato realizzato a San Cataldo e che, con inferiore quantità di ferro ma con un profluvio di cemento, aveva alterato il disegno armonico che per secoli aveva contraddistinto l’Eremo, pensando di migliorare così la diffusione di segnali di ben altro genere.
Ebbe comunque lu Ripetitore, come in ogni inaugurazione che si rispetti in uno stato concordatario quale è il nostro, la benedizione impartita dal Pievano Don Nicola Giacobini, affiancato per l’occasione da Bruscó (lu sacrestanu Antonio Falcioni), mentre risulta più in disparte Checco de Meló (Francesco Tozzi). Ad irrobustire la presenza delle “autorità religiose”, segnaliamo anche, nella prima foto, la svettante figura di Don Francesco Vitali (Padre védullu) evidenziato dalla svirgolante e interminabile tonaca.
Essendo le “autorità militari” limitate alla presenza del solo Mario la Guardia (Mario Buldrini), che nella prima foto sembra giustamente interessato a saggiare la solidità della recinzione, restano da menzionare le “autorità civili” di cui però risulta difficile l’identificazione (saranno funzionari RAI, qualcuno della Provincia, della Prefettura, ecc.) ad eccezione del Sindaco, l’impeccabile Cav. Giuseppe Ottolina a cui spettò l’onore di premere l’interruttore e dare il via al funzionamento de lu Ripetitore de Sagnoanni.
Una citazione a parte va a Renzo de Ghita detto anche lu Collocatore (Renzo Onesta) che qui fa capolino tra due presumibili autorità. Renzo per anni e anni fu il responsabile del funzionamento dell’impianto, e la tranquilla visione dei nostri programmi preferiti dipendevano da lui, dalla sua prontezza ad accorrere sulla collina pe’ ‘rrettaccà lu ripetitore. Sì, perché molto spesso capitava, in particolare durante i temporali, di dover imprecare perché magari sul più bello, la televisione all’improvviso si oscurava. Questo procurava una sorta di esclamazione corale che, sommandosi di casa in casa, fossero mancati i serramenti alle finestre sarebbe divenuto un unico boato, “è sardatu lu ripetitore!”; dopo di che bisognava attendere fiduciosi che Renzo, a qualsiasi ora del giorno e della sera (la notte no, ché le trasmissioni terminavano intorno alla mezzanotte) intervenisse a rimediare. Ricordo che da casa mia mi capitava a volte, di sera, di vedere le luci dei fari della sua macchina (mi pare una Fiat 600 all’epoca) che risaliva la costa di San Giovanni e andava a terminare la sua corsa illuminando il traliccio. Il breve tempo di qualche magheggio e dopo un po’ anche le nostre televisioni tornavano ad illuminarsi e in cuor nostro ringraziavamo Renzo. Di altro tono i commenti le volte (in verità rare) che tardava.
Era il 1962.
Era da poco arrivato “il secondo canale”, l’offerta televisiva sembrava quasi smisurata. Il simbolo di questo nuovo potere dominava su di noi e tutto era più semplice, più immediato, e co’ lu Ripetitore tutto si vedeva più chiaro e distinto. Il segnale era “forte e chiaro” e con tutta la sua potenza era pronto ad entrare nelle nostre case, a movimentare quel mondo fermo che vi regnava (poi se volessimo parlare di benefici e malefici… il discorso si farebbe lungo). Il costo dei televisori era calato; un piccolo sacrificio (ma non per tutti…proprio piccolo), qualche cambialetta e via. Non si poteva rimanere indietro. Si dovevano spalancare le porte: entrava il mondo. Si spegnevano i fuochi nelle case, che per secoli avevano scaldato e affumicato tante storie di vita, si tacitavano le voci arrochite dei vecchi e quelle dei bambini venivano sovrastate dallo squittìo dei cartoni animati: s‘accendeva, per mai più spegnersi, quello che venne definito “il focolare del nostro tempo”.
La promozione della vendita dei nuovi apparecchi, che nel frattempo s’erano anche un po’ snelliti nella linea e non erano più come i primi modelli, catafalchi con valvole luminescenti che giganteggiavano nel retro (nella mia fantasia di bimbo ricordo che spesso m’incantavo a guardare quello che sembrava il panorama notturno di un metropoli avveniristica), nei piccoli centri non serviti da rivendite, non poteva che svolgersi coi tradizionali metodi ‘fieristici’: erano i venditori di televisioni che ti venivano a cercare.
Queste immagini, che risalgono proprio ai giorni dell’inaugurazione de lu Ripetitore mostrano la promozione di nuovi modelli e l’accoglienza riservata alla novità. Oltre allo spontaneo impulso a cercare di dare un nome a qualche volto conosciuto, si noti anche l’entusiasmo di quelli che sono i settantenni di oggi, insieme alla varietà espressiva dei settantenni di allora: sfuggente, incuriosita, per nulla interessata. Immagini che descrivono bene quel momento di passaggio.
Chiudo rinnovando l’invito a quanti vorranno contribuire, in questo blog con i commenti o con una mail a info@esanatoglia.eu , oppure sulla pagina facebook di esanatoglia.eu, con ricordi e notizie sull’avvento della televisione a Esanatoglia.
Proviamo a scriverla insieme questa storia.
Ricordo nitido che il giorno della morte di John Kennedy ero a casa de Dominicu Lacchè e Rosa Caballina (i genitori de Marianu)i primi sulla Pieve ad avere la tv. 1962?
Grazie Donata, li ricordo, sicura che loro fossero i primi? Avrei piuttosto pensato a La Fiffa, oppure a lu Maestru Ceolotti che con “Telescuola” fu un pioniere di un’uso didattico della televisione…
Non so che dirti. Mamma diceva che sulla Pieve fu la prima a casa Lacchè . La Fiffa non mi risulta ma il maestro Ceolotti potrebbe essere.
Ma anche prim di quella del ‘lu ricreatoriu’ di Don Nicola? …
Il mio ricordo più remoto è quello della visione collettiva della tv presso il bar di Modesti Biagio (detto biascittu in virtù della sua modesta statura) attuale bar dello sport. Il salone era sempre affollato. La trasmissione più seguita all’epoca era il musichiere condotto da Mario Riva.
Un commento illuminante. Perché ripensandoci bene, contrariamente a quanto ho scritto, è molto probabile che mio padre, dato che nei giorni lavorativi si svegliava assai presto, mi portasse a vedere “Il Musichiere”, che era al sabato sera, piuttosto che “Campanile sera” che invece era di giovedì. Sempre comunque da Carluccittu, ambiente più popolare rispetto agli altri bar.
Ricordo bene quel periodo. Qualche volta stavo dai nonni, specialmente d’estate.Era la casa dove ora sta Angelo de Cefo’. Un giorno chiesi a mio zio Nello, che stava con loro, a coda servisse quel traliccio. Mi rispose testualmente: “Ce se vede la televisione!”. Più di una sera mi sono attardato a osservare e sperare che avessero messo quel maxi televisore sulla collinetta di San Giovanni! Aggiungo i complimenti per l’autore dello scritto che,con dovizia di particolari, ha suscitato un ricordo nitido dei fatti e dei personaggi dell’epoca. Grazie, Pino!
Tu che da sotto aspetti l’accensione del mega schermo collinare…non smentisci il tuo nome, è proprio una immagine felliniana! Grazie.