Ricorrenze…
Nell’agosto 2019 è passata sotto silenzio una ricorrenza che avrebbe meritato un minimo di rilievo, in particolare da parte dei più diretti interessati.
Ricorreva il 60° anniversario della fondazione della nostra Pro Loco. Ovvero, più esattamente “PRO ÆSA“, come fu sancito per statuto quale primo esempio dell’utilizzo di quell’ESA che, estrapolato da una lapide e collegandolo alla mitica radice ESUS fu inglobato a partire dal 1862 nel nostro toponimo, si è trasformato in un prefissoide onnipresente in ciò che riguarda il nostro paese (ESA-… e via di seguito…, ma nulla di male se non fosse per alcuni esiti discutibili); particella talmente adattabile ad ogni occasione da essere abusata in associazioni e attività economiche, al punto che ci perseguita anche (casualità?…), come capita nell’inquinamento dell’Esino ad opera del cromo ESAvalente, retaggio di tante pelli conciate in modo non acconcio. C’e da esserne quasi esasperati.
La ricorrenza della sesta decade di vita della PRO LOCO / PRO ÆSA penso sia passata inosservata un po’ perché la memoria è virtù scarsamente coltivata, un po’ perché era un periodo in cui, complice anche la pandemia, l’associazione stessa, più o meno consapevolmente, si stava avviando sul viale del tramonto.
Una storia lunga…
Fissiamo alcuni punti.
La prima Pro Esa nacque così:
Riassumendo: il 12 agosto 1959 nasce la ProAesa il cui obiettivo è in sintesi: “lo sviluppo economico, culturale, morale e sportivo del paese“. Vasto programma.
Trascrivo per facilitare la lettura: “L’Associazione è affiancata all’Ente Turismo e si propone di richiamare villeggianti visitatori, valorizzando e facendo conoscere il patrimonio storico e artistico, le bellezze naturali e la salubrità del soggiorno in Esanatoglia, promuovendo la ricettività alberghiera, attivando la collaborazione fra i soci locali e quelli residenti fuori comune e fiancheggiando l’opera dell’Amministrazione Comunale e delle autorità interessate alla risoluzione dei problemi locali.”.
Prelati e Cavalieri, Maestri e Professori, i promotori e fondatori annoverano il tipico gotha d’ogni paese degli anni 50-60 del secolo scorso, i notabili, le autorità. Senza alcuna connotazione valutativa, possiamo dire l’élite, la parte più autorevole della collettività. Non dimentichiamo che appena pochi mesi prima si erano svolte le elezioni amministrative che avevano decretato la vittoria di una coalizione di centro-destra giunta ad interrompere un ciclo di 17 anni che aveva visto la sinistra al governo del Comune (per i dettagli v. SI VOTA !). Alcuni accenni programmatici evidenziano lo spirito fondativo e la dicono lunga su una impostazione di parte che sarà più o meno ricorrente nelle vicende successive della associazione. Diciamo che nacque nel solco di quel cambiamento che alcuni mesi prima s’era manifestato nelle urne.
Le attività nei primi anni si limitarono più che altro alla corrispondenza con l’Ente Turismo e con qualche rivista periodica, per la pubblicizzazione delle nostre risorse. Già apparire in qualche Guida nell’elenco dei “comuni dell’entroterra con vocazione turistica” (più o meno tutti…) o venire accreditati come “località climatica” (poteva negarsi a qualcuno?), nelle prospettive di quel periodo appariva come un risultato importante, di cui inorgoglirsi. Per il resto erano le feste patronali e poco altro. In realtà, forse la prima iniziativa di un certo rilievo, anche se autoreferenziale (che non sempre è una pecca) fu l’organizzazione nel giugno del 1969 della “1a MOSTRA GRAFICA E MONOGRAFICA SU ESANATOGLIA” promossa dal Direttore Didattico di allora Francesco Turchi e sotto la guida dell’instancabile Maestro Elio Colonnelli produsse un serie di lavori delle scuole locali che illustravano e celebravano le nostre risorse, la nostra storia, le nostre tradizioni e riuscirono ad animare l’intero paese.
Mi auguro siano ancora custoditi da qualche parte i materiali di quella mostra e anche la documentazione relativa alla vita associativa della ProAesa: iniziative, eventi, tesseramenti. Dalla prima impostazione elitaria, sappiamo che vi furono poi evoluzioni e che nel corso degli anni tanti esanatogliesi sono passati per le file di questa associazione.
Ognuno ha la sua parte…
Personalmente ricordo di aver fatto la prima tessera appena raggiunta l’età minima richiesta che allora era di 18 anni, sotto la presidenza di Pacifico Santaroni.
Conservo il piacevole ricordo di aver fatto parte del Direttivo all’epoca della presidenza di Lanfranco D’Alesio (che fu per noi tutti “lu caimanu“, prima che assurgesse a “Marchese del Grillo“), e ancora prima di essere stato tra gli artefici dello ‘svecchiamento’ del gennaio 1976 con un programma rivoluzionario che risentiva molto delle parole d’ordine e del clima di quel tempo e anche delle mie passioni di allora: tanto teatro e illimitata fiducia nelle sorti progressive di questo paese. Anche in quel caso la “presa” della ProAesa (bisticcio verbale quanto mai utile alla comprensione degli eventi) fu in qualche modo legata a capovolgimenti politici nella conduzione dell’Amministrazione Comunale. Di lì a poco, con le elezioni del novembre 1976, sarebbe finito un altro ciclo amministrativo (il primo ciclo di Pizzi iniziato nel 1966) che avrebbe riportato i partiti di sinistra alla guida della Amministrazione comunale. Alterne vicende.
Finiscono anche le storie lunghe ?
Ha una storia lunga come poche altre associazioni locali (a parte la Banda Musicale che fa caso a sé). Diciamo che è, o almeno dovrebbe essere, l’associazione per eccellenza.
Faccio fatica a parlarne al presente perché, a quanto pare, la PRO AESA non esiste più. Sembra sia definitivamente morta. Nonostante i tentativi di farla ripartire dopo le ultime elezioni amministrative, nessuno pare si sia mostrato disponibile a rilanciarla dopo il periodo della pandemia che ne ha fiaccato gli ultimi rimasugli di vitalità.
Dipende dall’ignavia e dal disinteresse degli esanatogliesi? Vista la pletora di associazioni operanti nel territorio non si direbbe. Se una cosa sembra non mancare nel nostro paese è proprio lo spirito volontaristico e associazionistico. I sodalizi sono molti e il volontariato rappresenta una pagina importante, se non fondamentale del nostro paese.
Al lungo elenco (che non azzardo perché rischio di dimenticare qualcuno), da ultima si è aggiunta, proprio in concomitanza con la scomparsa della Pro Loco e forse anche a ciò collegata, la nascita di una nuova associazione che rivendica le sue origini chiamandosi Esattiva (a proposito dei rischi del prefissoide ESA… rammentiamo che come aggettivo muove verso la riscossione di tributi, ma forse è un effetto voluto?…) e che aggiunge al suo nome un promettente ma non meglio specificato “Associazione Centro Storico”.
Evidentemente è la conferma che non manca chi è disposto ad impegnarsi in attività volontaristiche per valorizzare il territorio, per promuovere cultura, organizzare manifestazioni, eventi e altro.
Allora viene da chiedersi perché una Associazione così importante e consolidata come la Pro Loco tende a scomparire?
Da cittadino e da vecchio socio, oltre che da curioso spettatore di quanto accade nel paese in cui vivo, vorrei proporre qualche riflessione sull’argomento.
Qualche riflessione…
Innanzitutto penso che la Pro AESA sconti un po’ quella sorta di peccato originale che la vede in un certo modo collegata con le amministrazioni che reggono le sorti del comune; un ruolo che per certi versi è connaturato con l’associazione stessa, ma che spesso ha deragliato verso una sorta di collateralismo, quasi una sudditanza nei confronti delle amministrazioni comunali stesse, come a me pare sia accaduto, in maniera oltremodo marcata, nel corso degli ultimi decenni. Beninteso, per il ruolo che le pro loco debbono o almeno dovrebbero avere, non solo è auspicabile ma direi necessario che l’associazione stessa lavori in sinergia con l’ente locale, senza però per questo diventare una semplice estensione dell’organo amministrativo, come è stata più o meno regola nel recente passato.
Un conto è la collaborazione e la sinergia, altro è la sudditanza, l’andare a traino, quando non addirittura la confusione di ruoli come quando capitava che Amministrazione Comunale e Direttivo Pro AESA si sovrapponessero, persino a livello familiare.
Un motivo della perdita di credibilità e disaffezione maturate nel tempo verso questa associazione potrebbero derivare anche da questo. Molto meglio allora una associazione ‘libera’, che nasce dal basso, autoconvocata, senza alcun debito di riconoscenza e di appartenenza col “Palazzo” e priva di etichettature politiche.
E’ più che comprensibile e entro certi limiti anche un fattore positivo, che lascia ben sperare in quanto a autonomia di giudizio e di intervento.
Il rifiuto di questa logica del doppio filo tra associazione e amministrazione, tra civismo e appartenenza politica, potrebbe spiegare quella sorta di impasse nel formare un gruppo disposto ad impegnarsi; chiunque abbia avuto qualche buona intenzione avrà avvertito, per l’ennesima volta e anche prima che si manifestasse apertamente, quella metaforica “tirata per la giacca” da parte di opposti schieramenti che, con piena legittimità, si dividono tra maggioranza e opposizione, dividendosi anche sulle ricette per governare, valorizzare e indirizzare il paese.
Quindi in questa fine della Pro Loco (con contemporanea nascita di qualcosa che solo per alcuni aspetti la ricorda) penso ci sia un atto di reazione a questo andazzo.
Una reazione di per sé tutt’altro che negativa. Però c’è anche un altro aspetto, di segno opposto, che andrebbe rilevato e valutato.
Al contrario delle varie associazioni che nascono su aspetti o argomenti specifici, con una visione (una mission direbbero gli anglofili) normalmente ristretta, limitata, settoriale, (anche Esattiva sembra esserlo, se non altro limitandosi al Centro Storico… e la campagna, la montagna…?) la Pro Loco, per sua definizione statutaria (e per come è disciplinata da norme di legge regionali) si occupa della valorizzazione del territorio nella sua più ampia accezione, a 360 gradi, come è d’uso dire. E’ normale che sia così; le varie associazioni non sono tenute ad avere (e di solito non hanno) una visione d’insieme di tutto ciò che concorre a valorizzare un territorio, le sue peculiarità, la sua storia, le sue tradizioni, le prospettive anche sociali verso cui procede. Sono mirate ad aspetti specifici, particolari. Ci si può interessare di escursionismo e fare cose egregie, senza necessariamente conoscere le caratteristiche più pregnanti dei luoghi su cui ci si concentra; si possono utilizzare i monumenti senza conoscerne in profondo la storia; ci si può interessare di un tipo di musica (o addirittura di uno strumento…) pur ignorando il retroterra culturale e musicale, magari ricchissimo, del luogo in cui si opera. Si possono insomma fare cose di per sé lodevoli e interessanti, ma… parziali, circoscritte, settoriali, mancanti appunto di quella visione d’insieme che restituisca un filo conduttore al processo di valorizzazione di un territorio.
Questo dovrebbe essere compito innanzitutto di chi amministra e guida il paese, attraverso organi politici (Sindaco e Assessorati competenti) e tecnici (Responsabili degli uffici competenti) coadiuvati, supportati, stimolati, in un continuo rapporto dialettico proprio con una associazione come la Pro Loco che dovrebbe quasi soprintendere a tutte le altre associazioni, coordinandole e lavorando per dare un senso unitario ai vari sforzi di promozione del territorio in cui si vive, per renderne piacevole la vita, per attrarre e per rispettare e dare valore all’essenza stessa del territorio.
Per questo, nonostante ogni associazione, anche la più settoriale, la più circoscritta, sia da ritenere la benvenuta, penso sia un vero peccato che tra tutti quelli che sono disposti ad impegnarsi per il paese, e sono tanti, non vi sia chi sente l’urgenza di non far morire una associazione che ha, o almeno dovrebbe avere, la caratura per affrontare e dirigere l’interesse del territorio in maniera generale e onnicomprensiva.
Sorge il dubbio che tutta questa frammentazione possa essere una scorciatoia, una mancata assunzione di responsabilità, una sorta di misurata partecipazione, perché assumersi l’onere di affrontare questi argomenti con uno sguardo ampio, è compito gravoso, presuppone conoscenza, continuità d’impegno, consapevolezza di avere a che fare con un patrimonio di storia e di cultura che travalica i secoli, in un mondo abituato a pensare solo all’immediato presente.
Posso capire che l’impegno a valorizzare il territorio in cui si vive comporta anche la necessità di affrontare tematiche che possono andare oltre le proprie capacità e i propri interessi, e comporta una partecipazione e una responsabilità che altri tipi di forme associative, più libere ma anche più evanescenti non hanno. Fatto è che a un proliferare di associazioni particolari corrisponde la fine di quella generale che in un certo senso dovrebbe fare da guida. Certo depone a sfavore della Pro Loco oltre a quel suo carattere istituzionale e forse anche un po’ ingessato, anche il nome stesso che sa ormai proprio di stantio Æsapro’ andrebbe già meglio ? o magari un richiamo a fortunate serie tv… Æsanatoly ? . Ma ‘bouttanade‘ a parte, gli esanatogliesi dovrebbero dispiacersi di questa situazione, con la Pro Loco svanita nel nulla.
Diciamocelo, non c’è niente di immutabile, e tra le tante cose che stanno scomparendo, non è certo la Pro Loco quella che desta più preoccupazioni, eppure penso che la fine di una associazione “super partes” non sia una buona cosa, considerato che non sembra di intravedere un qualcosa che la possa sostituire, tanto meno una qualificata presenza comunale che ne possa fare le veci.
P.S. : Qualche proposta
Prendendo comunque atto della situazione, mi viene da aggiungere alle considerazioni di cui sopra e ad esse collegate, alcune modestissime proposte.
Ho avuto modo di fare esempi sulla encomiabile (ripeto encomiabile) iniziativa della ripulitura dei vari sentieri montani come percorsi cicloturistici che poteva costituire l’occasione per allacciarsi a storie e tradizioni locali, a vicende e atmosfere frutto della nostra terra, piuttosto che indulgere verso impostazioni che ignorando le risorse offerte dal contesto storico e culturale, si trovano ad essere uguali a tante altre perdendo quel carattere di unicità che avrebbero meritato.
Faccio ora un altro esempio, come si dice en passant, legato alla prima iniziativa della neo costituita Associazione Esattiva.
Da parte di questa Associazione, con pochi mezzi, molta fantasia e spirito adattivo, in occasione di Hallowhen è stata imbastita e confezionata (credo in pochissimo tempo) una iniziativa che è stata capace di attrarre gente, animare il centro storico, divertire i bambini e (forse in misura maggiore) anche i grandi. Non è stata di per sé una novità, non è stato inventato nulla. Viviamo un mondo di repliche e da questo non se ne esce. Difficile distinguersi.
Eppure… Qualche margine ci può essere per fare uno scatto in più. Ad esempio: non conosco le intenzioni degli organizzatori sulla eventuale prosecuzione di questa festa, ma se non si vuole concepire Hallowhen solo come una pura e semplice scopiazzatura di cose già viste e già fatte, qualche spunto potrebbe venire da quegli elementi che possono accomunare lo spirito vero e anche profondo di quella festa, che è il mai risolto rapporto tra l’uomo e la morte, con le sue paure e i modi anche giocosi per affrontarle e superarle, intrecciandovi le ritualità, le storie, le tradizioni della nostra terra.
Si immagini, ad esempio, ad inserire in un percorso fantastico anche spazi come quello straordinario della “Strega di Santanatoglia” dissepolta dalle ricerche di Matteo Parrini, o lo “spirito” di cui parla l’Abate Colucci nel 1786 in “Delle antichità picene”, che provo a sintetizzare in questo improvvisato video.
…o ancora richiamare in vita i vari ‘spiriti‘ in cui spesso ci si imbatte nelle carte sepolte nel nostro archivio storico e i cui lamenti echeggiavano nelle nostre campagne… Far riemergere, ad esempio, che alla fine del ‘500, per punire un rapimento, dalla Torre di Sant’Andrea pendettero non ragnatele di poliuretano ma i corpi dei banditi squartati a testa in giù… Per non parlare poi del culto dei morti così come mirabilmente emerge dai nostri antichi Statuti del 1324 e, perché no, delle pratiche di culto che si svolgevano a Le Bare o Oratorio degli Innocenti…
Insomma tutta una serie di elementi che, opportunamente inseriti ed integrati in una narrazione complessiva potrebbero consentire di andare oltre; oltre l’ovvietà, oltre le immagini straviste, per poter dare un senso diverso e più ampio a ciò che si fa, affinché, prima di cedere del tutto ad una totale omologazione, ad una indistinta melassa in cui tutto è propinato allo stesso modo, si possa almeno provare a ricordare, a sé stessi e agli altri, che su questo lembo di terra è sedimentato qualche millennio di storia che non si può perdere.
E se è vero, com’è vero, che cultura è anche fusione, è contaminazione, per questo occorre essere soggetti attivi, contaminare noi stessi, fondere e non solo essere… fusi.
Materiale ce n’è. Non siamo nati ieri.
C’è speranza? Chissà…