Sono lieto di ospitare un articolo di Stefano Angeletti Rasiej apparso sulla rivista “Itineris” dell’Associazione di Storia Contemporanea di Senigallia, a cui ho avuto il piacere e l’onore di apportare un modesto contributo fornendo notizie riguardanti Esanatoglia. E’ l’interessante e accurata ricostruzione del percorso di una ‘particolare’ famiglia originaria di Fabriano che nel corso dei secoli ha incrociato anche il nostro paese con una presenza attiva che ruota intorno al mondo della musica, quasi una costante nella storia del nostro territorio; riguarda infatti Mario Rinaldini che nel 1852 si stabilì a Santa Natoglia perché chiamato ad esercitare il ruolo di Maestro di Musica.
Vedovo con tre figli a carico, convolò a nuove nozze con la giovane Adelaide Bolognesi, figlia di quel Giacomo Bolognesi (1794-1867) che da Pausola (oggi Corridonia) si era trasferito a Santa Natoglia a fare il Segretario Comunale, e stabilendosi qui diede inizio alla linea esanatogliese della sua famiglia.
Il Maestro Rinaldini mantenne il suo incarico fino alla morte che lo colse nel 1858, pochi mesi prima che la sua Adelaide mettesse al mondo il loro secondo figlio a cui fu imposto il nome del padre.
Ritroveremo il nome del Maestro Mario Rinaldini insieme ad alcuni altri nomi che compaiono nell’articolo, man mano che ci occuperemo della storia della musica esanatogliese, fonte di continue sorprese. Si può senza dubbio affermare che la sua presenza e il suo insegnamento costituirono una vera e propria svolta nell’educazione musicale degli appassionati locali; fu il primo passo per l’affermazione di quella passione che, ampliandosi, culminò anni dopo con la nascita della prima filarmonica e quindi della banda musicale.
Storia di una famiglia itinerante
di Stefano Angeletti Rasiej
Molte famiglie delle Marche, così come di altre regioni italiane, hanno lasciato una traccia nel loro territorio, a volte anche significativa, senza averne avuto però la giusta riconoscenza; spesso le storie delle nostre famiglie rimangono un semplice racconto tramandato oralmente di generazione in generazione, altre volte queste storie rimangono “intrappolate” nelle carte dei vari archivi diocesani e statali…ma altrettanto spesso la memoria familiare finisce per essere dimenticata, sommersa da tutto quello che riguarda il presente e il futuro, senza dare troppa importanza al passato, senza capire che se siamo qui è anche e soprattutto grazie a chi ci ha preceduto….ed è in questo filo di pensiero che si inserisce la storia dei Rinaldini di Fabriano, una famiglia che ha dato un contributo importante – e quasi dimenticato – alla storia del proprio territorio arrivando a lasciare traccia anche al di fuori dei confini nazionali.
La presenza dei Rinaldini a Fabriano era già radicata dal XVI secolo, con Cesare padre di Piersante e Gentile, quest’ultimo nonno di Giovanni che darà origine ai 3 nuclei principali della famiglia, i quali vivevano sotto le tre parrocchie del centro storico: San Biagio, San Nicolò e San Venanzo.
Il primo nucleo, quello di San Biagio, era composto da Giuseppe Rinaldini (figlio di Giovanni e di Camilla Elisabetta Carucci) e dalla moglie Maria Lucrezia Cirilli, genitori di colui che marcò la vocazione della famiglia per la musica, nonché figura di riferimento, Soccorso Rinaldini (n. Fabriano, 1720 – m. ivi, 1798); non fu però il primo della famiglia ad intraprendere la carriera musicale, ma fu un suo zio ,Francesco, cantante tenore [1], il quale sicuramente lo aiuto e lo favorì in questa sua scelta.
Soccorso, dopo essere entrato in seminario, divenne sacerdote e si fece ben presto notare per le sue doti canore, venendo chiamato a Roma in qualità di tenore nella cappella pontificia; durante il suo soggiorno romano divenne maestro di cappella nella Chiesa della Madonna dei Monti e si confermò come buon compositore di musica sacra.
A Roma fu maestro di canto, suono e composizione ed uno dei suoi più famosi allievi fu Giuseppe Jannacconi (n. Roma, 1740 – m. ivi, 1816), al quale diede la sua prima formazione musicale, in particolare per quanto riguarda il canto, il contrappunto e l’accompagnamento organistico, diventando anch’egli compositore ed insegnante di musica. Tornato ormai anziano a Fabriano, fu promosso abate, morendo poco tempo dopo.
Il secondo nucleo era composto da Venanzo Rinaldini anche lui figlio di Giovanni, della parrocchia di San Nicolò; egli ebbe 2 figli dalla prima moglie, Orsola Bonanni, e ben 9 figli dalla seconda moglie, Maria Romualda Braccini; nel frattempo i Rinaldini contrassero matrimoni con alcune distinte e cospicue famiglie della città, come i Paci e gli Scarsellati [2], consolidando maggiormente la loro posizione sociale.
Il terzo e più importante nucleo era invece rappresentato da Nicolò di Giovanni Rinaldini, padre di Giovanni (n. Fabriano, 1713 – m. ivi, 1787) sposatosi nel 1738 nella Chiesa di San Nicolò con Francesca Parri, che gli diede 5 figli [3], tra i quali Venanzo (n. Fabriano, 1754 – m. ivi, 1825): questi, a pieno diritto, può essere considerato il “capostipite” del ramo che più di tutti lasciò una traccia significativa nel territorio marchigiano; svolse la professione di notaio e permise pertanto un tenore di vita benestante a tutta la numerosa famiglia: si sposò in prime nozze nel 1780 a Fermo con la signora Rosalia Bianchini (n. Fermo, 1744 – m. Fabriano, 1798), di famiglia benestante originaria di Monte Giberto [4], dalla cui unione nacque Fedele Rinaldini (n. Fabriano, 1783 – m. ivi, 1839); dopo essere rimasto vedovo, nel 1798, si risposa con Eugenia della Gerva (n. Tolentino, 1770), appartenente ad un’antica famiglia di Tolentino dalla quale ebbe 8 figli, tutti nati a Fabriano, molti dei quali morti in tenera età [5].
Fedele Rinaldini, dopo essersi dilettato per un certo periodo nel canto, seguì le orme del padre diventando anche lui notaio; fu un buon scrittore e un suo dramma in versi, il Calidoro, fu rappresentato nel Teatro dell’Aurora il 6 giugno 1814; furono inoltre pubblicate sue ottave per la morte di Gesù Cristo nel 1804.
Fu uno dei più attivi nel periodo napoleonico e nei moti liberali del 1831, tant’è che per tale ragione fu destituito dal suo incarico; nel 1803 sposò Vincenza Pardi (n. 1782 – m. 1833), di famiglia originaria di Cerreto d’Esi, cantante molto apprezzata durante l’occupazione napoleonica e la restaurazione [6]; esordì nel carnevale del 1804 nel Teatro dell’Aquila di Fermo e a Fabriano venne anche diretta dal celebre maestro Bittoni [7].
Dalla loro unione nasceranno 4 figli: Mario (n. Fabriano, 1804 – m. Esanatoglia, 1858), Giacomo (n. Fabriano, 1807 – m. Foligno, 1890), Matilde (n. Fabriano, 1809 – m. ivi, 1873) e Luigi (n. Fabriano, 1811 – m. ivi, 1883).
Mario Rinaldini, allievo di Antonio Tagliaventi [8] e di Domenico Concordia, fu cantante tenore, uno dei più celebri del secolo XIX, in un periodo in cui nelle Marche si formarono un numero considerevole di ottimi musicisti, sotto la guida di maestri del calibro di, oltre a quelli menzionati, Girolamo Crescentini, Giovanni e Pietro Morandi, Francesco Cellini e Bernardo Bittoni.
Mario fu molto attivo dal 1829 al 1850, e dopo essere stato uno dei più grandi tenori dell’Ottocento, aprì una scuola di canto dalla quale uscì, tra gli altri, il celebre baritono David Squarcia di Loreto e la di lui moglie Annetta Caterbi, soprano [9]; a Loreto conobbe e sposò nel 1831 la futura moglie, Marianna Sori (n. Loreto, 1805) [10], dalla quale ebbe 7 figli: Rinaldo (n. Loreto, 1832), Matilde (n. Loreto, 1834), Federico (n. Loreto, 1836), Adelasia (n. 1838), Maria Soccorsa (n. Loreto, 1839), Fedele Filippo (n. Loreto, 1840) e Amalia (n. Loreto, 1845).
Rispetto al fratello Luigi, che calcò maggiormente i palchi teatrali di tutta Italia affermandosi come ottimo basso e baritono, Mario si dedicò soprattutto alla composizione di testi sacri, seguendo così l’eredità lasciata nel secolo precedente dall’antenato don Soccorso.
Rimasto vedovo della moglie Marianna, nel 1849 andò a vivere a Fabriano insieme al fratello Luigi, ai suoi figli sopravvissuti (Matilde, Adelasia e Fedele Filippo) e al suocero Giuseppe Sori.
Nel 1852 gli venne affidato l’incarico di Maestro di Musica dal Consiglio Comunale di Santa Anatolia (attuale Esanatoglia, MC), dove si trasferì a vivere insieme a tutta la famiglia.
Qui conobbe e sposò Adelaide Bolognesi (n. Esanatoglia, 1820 – m. Bracciano, 1893) dalla quale ebbe due figli, Marianna (n. Esanatoglia, 1855) e Mario (n. Esanatoglia, 1858 – m. ivi, 1878), nato poco dopo la morte del padre.
Il 1° gennaio del 1858 firmò l’impegno per consentire a sua figlia Adelasia, sua allieva, di fare l’attrice nella locale compagnia di filodrammatici ]11]. Morirà lo stesso anno pochi mesi dopo. Adelasia esordì come cantante soprano il 7 gennaio del 1859 al Teatro Camurio di Fabriano, dove la ritroviamo in diversi spettacoli fino al gennaio dell’anno successivo [12]; la sua carriera fu molto breve infatti da lì in poi non compare più in nessuna rappresentazione, molto probabilmente, a seguito della morte del padre, decise di abbandonare la vocazione di cantante tant’è che andò a vivere insieme alla sorella Matilde, la quale nel frattempo aveva sposato Alcibiade Moretti (n. Fano, 1831 – m. Lucca, 1896) [13], storico jesino, che , fra le varie opere, scrisse una biografia sul celebre compositore Gaspare Spontini (n. Maiolati, 1774 – m. ivi, 1851).
La posizione di riguardo raggiunta dalla famiglia Rinaldini all’inizio del XIX secolo, la quale godeva – ormai da oltre due secoli – anche di un proprio sepolcro familiare all’interno della Cattedrale di San Venanzo, facilitò il matrimonio di Matilde con Nicola Possenti (n. Senigallia, 1807 – m. Fabriano, 1893) [14], patrizio di Fabriano, appartenente ad una delle più antiche ed illustri schiatte della città: oltre a svolgere la professione di scrivano fu anche un buon suonatore di contrabbasso.
Giacomo, dopo aver iniziato gli studi di medicina a Fabriano e aver praticato nel borgo di Cancelli, terminò gli stessi a Roma conseguendo la laurea; dal 1841 esercitò la professione come medico condotto a Montefalco, nell’attuale provincia di Perugia, e poco prima di trasferirsi sposò a Fabriano la contessa Maria Stelluti [15], dalla cui unione nacquero 5 figli: Argia (n. Serravalle, 1842), Aristide (n. Montefalco, 1844 – m. Roma, 1920), Cesira (n. Montefalco, 1846), Rosa (n. Montefalco, 1855 – m. Roma, 1910) ed Enrico (n. Montefalco, 1962 – m. Roma, 1909). A Montefalco vi rimasero fino al 1877 per poi stabilirsi a Foligno, dove Enrico fu direttore del Banco cittadino e dove Giacomo morì nel 1890 [16].
Aristide Rinaldini studiò invece nel seminario vaticano dal 1859 al 1861 distinguendosi subito per la sua straordinaria applicazione al lavoro e per la sua rara vivacità di spirito. Allievo del Collegio Capranica, seguì poi i corsi del collegio Romano dimostrando un’attitudine per la filosofia e per le scienze ecclesiastiche, conseguendo la Laurea in filosofia e teologia all’Università Gregoriana nel 1868; ordinato sacerdote il 6 giugno dello stesso anno, come primo incarico fu inviato a Lisbona come segretario di quella Nunziatura, presieduta allora da monsignor e poi cardinale Oreglia. Nel 1872 fu trasferito a Bruxelles dove ben presto salì al grado di Uditore. A seguito delle lotte politiche e dell’inclinazione dei rapporti tra il Belgio e la Santa Sede, con il Nunzio Oreglia che lasciava Bruxelles, Aristide, al ritorno al potere del partito cattolico seppe curare e successivamente riannodare le relazioni tra i due Stati, dando prova di grande prudenza e tatto. Ben presto, grazie a queste sue doti, fece carriera nel servizio diplomatico della Santa Sede, venendo nominato Internunzio Apostolico in Olanda l’11 agosto del 1887 ; qui vi rimase per 6 anni, molto amato dai cattolici e rispettato dai protestanti, contribuendo al mantenimento delle buone relazioni tra i due Governi [17]; successivamente fu mandato in Lussemburgo, sempre come Internunzio Apostolico.
Nel 1891 (20 gennaio), venne nominato canonico onorario della Cattedrale di Foligno.
Il 14 agosto del 1896, fu invece nominato Nunzio Apostolico in Belgio. Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato dal 31 maggio 1893, fu consacrato arcivescovo titolare di Eraclea di Europa il 21 agosto del 1896 da Papa Leone XIII e consacrato vescovo in Roma qualche giorno dopo, il 30 agosto, dal cardinale Mariano Rampolla del Tindaro alla presenza in qualità di co-consacratore di mons. Gisleno Veneri (n. San Marcello di Jesi, 1844 – m. 1937), vescovo di Acquapendente nonché cugino del Rinaldini [18].
Il 7 novembre 1899 fu nominato Nunzio Apostolico a Madrid, arrivando in Spagna il 19 dicembre seguente. Fu creato cardinale da Papa Pio X il 15 aprile del 1907 col titolo di San Pancrazio. Tornò in Italia il 16 dicembre del 1907 [19].
Per il suo costante e notevole impegno nella diplomazia vaticana, fu decorato della Gran Croce del Reale e Insigne Ordine di Carlo III, di quella di Leopoldo del Belgio e dell’Ordine del Santo Sepolcro.
Ebbe inoltre altri importanti incarichi come quelli di Camerlengo del Collegio Cardinalizio e Cardinale protettore dell’Almo Collegio Capranica.
Rosa Rinaldini, sorella del cardinale Aristide, seguì le orme degli zii paterni: fu una buona cantante contralto e la ritroviamo nel Macbeth di Verdi nel Carnevale del 1880 al Teatro Sociale di Casale Monferrato ed inoltre nei Carnevali degli anni 1884 e 1885 al Teatro Caio Melisso di Spoleto, in un’altra opera di Verdi, il Rigoletto [20].
In questa occasione conobbe, sposandolo nel 1885, l’avvocato Ulisse Cardelli (n. Spoleto, 1859), appartenente ad un’importante famiglia di musicisti di origine romana, stabilitasi prima a Terni e successivamente a Spoleto [21].
Uno dei figli di Ulisse e Rosa fu Renzo Cardelli Rinaldini (n. Spoleto, 1886 – m. Roma, 1964), il quale cominciò la sua carriera prima in campo militare, come ufficiale di artiglieria e presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti in Bruxelles, per poi dedicarsi al giornalismo; venne ammesso nella migliore società belga sia per la sua parentela col cardinale Aristide, che fu appunto Nunzio Apostolico proprio nella capitale belga, sia per il suo matrimonio nel 1923 a Ixelles con la baronessa Elisabeth de T’Serclaes de Kessel (n. 1904 – m. 1935), appartenente ad una delle più importanti famiglie di Bruxelles, dalla quale ebbe una figlia di nome Antonietta (n. 1924 – m. 1995).
Fu corrispondente a Bruxelles per alcune testate italiane e per l’Agenzia Stefani, e per molti anni fu giornalista per il Corriere della Sera.
Dopo aver ottenuto l’autorizzazione ad aggiungere al suo cognome quello materno di Rinaldini, fu fregiato del titolo di conte da S.S. Papa Pio XI con breve del 20 giugno 1923, anche per i molti meriti acquisiti durante il tempo dallo zio cardinale. [22].
Luigi Rinaldini, anche lui come il fratello Mario studiò canto nella scuola del maestro Domenico Concordia, diventando uno dei più celebri bassi e baritoni del secolo XIX, fiorendo nel periodo 1840-1860 [23] e cantando nei principali teatri italiani, dando prova di grandi doti canore; sposò Teodolinda Froscioni, originaria di Pievetorina (MC), la cui sorella Agnese aveva sposato l’industriale della carta Pietro Miliani. Il primogenito della coppia, Fedele (n. Fabriano, 1855 – m. U.S.A. 1930), seguì le orme paterne studiando violino a Roma all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia: diventò poi professore di tale strumento e nel 1891 convolò a nozze con Anna Focaccetti (n. Monte Giberto (FM), 1862 – m. U.S.A., 1931) [24], di distinta famiglia, lontana parente di monsignor Concetto Focaccetti (n. Rapagnano, 1814 – m. Ierapoli, Mesopotamia, 1889), vescovo di Acquapendente e della comunità di San Ginesio [25]. Fedele concluse la sua carriera di valente violinista negli Stati Uniti, dove si era nel frattempo trasferito con la moglie e l’unica figlia Teodolinda detta Linda; la stessa professione di violinista verrà intrapresa con un certo successo dal nipote Fedele Bonito, nato a New York nel 1914 dall’unione della figlia con Antonio Bonito di Accadia. Molto prima dell’emigrazione di Fedele e famiglia in America, anche i suoi fratelli si erano trasferiti a Roma e nella capitale la frequentazione della famiglia Rinaldini con importanti musicisti ed artisti, permise a una delle nipoti di Fedele, Giuseppina (n. Roma, 1901), di conoscere e sposare Renato Pascucci (n. Roma, 1899), figlio del Maestro di Musica Andrea, pianista e socio ordinario della Real Accademia di Santa Cecilia [26]; la famiglia Pascucci diede un contributo notevole all’arte della musica, primo fra tutti fu il nonno di Renato, Cesare Pascucci (n. Roma, 1841 – m. ivi, 1919), il quale fu professore di canto, organo e composizione, direttore d’orchestra e pianista nei balli della Real Corte, nomina avvenuta nel 1873 per volere di Vittorio Emanuele II. Una delle sorelle di Giuseppina, Gemma (n. Terni, 1888 – m. Roma, 1965), invece convolò a nozze nel 1922 con Italo Cocchi (n. Roma, 1897), membro di una nota famiglia di artisti (incisori, intagliatori e mosaicisti) attivi nello Studio del mosaico della Reverenda Fabbrica di San Pietro in Vaticano, dalla fine del secolo XVII fino ai primi decenni del XIX secolo.
Si delinea così, nel corso di 3 secoli, la storia di una famiglia marchigiana che ha saputo dimostrare la sua abilità in campo ecclesiastico e soprattutto musicale, dando dimostrazione di forti capacità di adattamento e integrazione sociale, grazie anche ad una serie di fortunate alleanze matrimoniali; in tal modo ha dato origine ad una solida e proficua famiglia di musicisti, che a pieno diritto si è ritagliata e, fino ad un certo periodo in maniera continuativa, una parte significativa della storia dell’arte musicale italiana.
Note:
[1] Francesco Rinaldini (n. Fabriano, 1671), figlio di Pier Gentile, fratello di Giovanni Rinaldini, e di Maria Antonia Scarsellati.
[2] I Paci, famiglia civica originaria di Arezzo, furono fabbri-ferrai, poi possidenti. Si estinsero nei Lotti nell’anno 1883 ed ebbero una villa in Ceresola. Mentre gli Scarsellati, anche loro famiglia civica, furono mercanti di calzette, noti nel periodo giacobino con Francesco, uno dei più accaniti giacobini durante i moti del 1798-1799. Si estinsero negli Acuti.
[3] Gli altri figli furono: Domenico Antonio (n. Fabriano, 1740), Nicolò (n. Fabriano, 1743), Mariangela (n. Fabriano, 1742 – m. ivi, 1800) e Rosa (n. Fabriano, 1750 – m. ivi, 1822) moglie di Angelo Angeloni.
[4] Padre di Rosalia Bianchini fu Felice Antonio (n. Monte Giberto, 1706 – m. Fermo, 1785), figlio di Giovanni Domenico e Maria Maddalena, dottore in legge: tra i suoi figli spiccarono Luigi, giudice al Tribunale di Fermo, Ignazio e Giuseppe, medici. Per le notizie su Felice Antonio ringrazio la Sig.ra Mariagrazia Bernetti di Monte Giberto.
[5] Giovanni (n. 1800), Soccorso (n. 1801 – m. 1803), Francesca (n.1803 – m.1809), Lucia (n.1807 – m. 1813), Soccorso (n.1809 – m.1811), Francesco Tommaso (n. 1810 – m. 1817), Germana Rita (n. 1812 – m. 1812) e Geltrude (n. 1812 – m. 1872), quest’ultima sposata con Francesco Mei (n. Fabriano, 1812 – m. ivi, 1866).
[6] D. Pilati, Il “Chi è?” Fabrianese, Arti Grafiche Gentile, Fabriano 1989, p. 196.
[7] R. Sassi, Vita fabrianese a cavallo di due secoli – spigolature di cronaca locale, Arti Grafiche Gentile, Fabriano 1956, p. 66.
[8] U. Gironacci, M. Salvarani, Guida al “Dizionario dei Musicisti marchigiani” di Giuseppe Radiciotti, Fermo 1993, p. 181.
[9] F. Grimaldi, La Cappella Musicale di Loreto tra Storia e Liturgia, 1507-1796, Vol. 2, Fondazione Cassa di Risparmio, Loreto 2007, pp. 655-656.
[10] Marianna Sori: figlia di Giuseppe e Matilde Giri; il padre fu consigliere comunale, figlio di Gaudenzio Sori, orefice, e Barbara Brosoli, albergatori negli ultimi anni di sua vita di San Giuseppe Benedetto Labre
[11] Per le notizie su Mario Rinaldini durante il suo periodo a Santa Anatolia, ringrazio il Sig. Pino Bartocci, esperto studioso locale.
[12] Per le informazioni sulla carriera di Adelasia Rinaldini, ringrazio il Sig. Giancarlo Pecci, studioso ed esperto di cantanti e musicisti fabrianesi.
[13] Alcibiade Moretti, figlio di Nicola e Geltrude Uguccioni, trascorse gran parte della sua vita a Jesi e parte alle campagne del Risorgimento. Nel 1861 fu eletto professore nel liceo Comunale, insegnando lettere italiane e storia. Nel 1866 assunse inoltre l’incarico di Preside mantenendo la cattedra di Italiano sino al 1884. Dall’ottobre del 1871 fu anche docente di storia all’Istituto Tecnico “Cuppari”. Nel 1884 venne nominato Preside del Liceo di Ancona, dove nel 1885 si trasferì con tutta la famiglia. Fu poi promosso Provveditore agli Studi di Porto Maurizio, Pesaro e Lucca, ove morì nel 1896. Fu un buon letterato e studioso di fatti storici soprattutto locali. Il suo nome è legato in particolar modo all’opera “Memorie degli Illustri Jesini” (Jesi, Fratelli Polidori, 1870). Traduttore in Italia delle opere di G.B. Molière, fu amico di importanti figure di quel tempo, come Giosuè Carducci, i letterati Francesco e Giovanni Mestica e il patriota Pietro Solazzi.
[14] Nicola Possenti, figlio del N.H. Vincenzo e di Girolama Solazzi; della famiglia Possenti ricordiamo: Antonio (n. 1601 – m. 1671), vescovo di Pennabilli, celebre giureconsulto, poeta e storico; Cesare (n. 1761 – m. 1795), fondatore del famoso Museo d’avori, continuato da Girolamo (n. 1768 – m. 1843) e poi ereditato ed accresciuto dal di lui nipote, il conte Giambattista Pettoni Possenti.
[15] Maria Stelluti (n. Fabriano, 1821- m. Montefalco, 1871 ), figlia del conte Giovan Battista e della contessa Anna Marcelli di Jesi.
[16] Archivio Storico del Comune di Montefalco, Censimento della popolazione (anni 1866 – 1871 e seguenti), Registri nn. 9 e 27.
[17] «ROME – Publication mensuelle illustrée», Rédaction & Administration, 5° année – n° 53, 8 Mai 1908, pp. 168- 169.
[18] Gisleno Veneri, era figlio di Raffaele e della contessa Virginia Stelluti, sorella di Maria Stelluti.
[19] Hierar1871chia Catholica, t. VIII, cf. el Indice, Espasa, t. 51, p. 599.
[20] Per le notizie sulla carriera teatrale di Rosa Rinaldini, ringrazio nuovamente il Sig. Giancarlo Pecci.
[21] Archivio Diocesano di Terni, Stati delle anime, Parrocchia di San Nicolò in Viis Divisis, anni 1828 – 1840. – Ulisse Cardelli, figlio di Policarpo (n. Terni, 1831), musicista e cantante tenore nella Cattedrale di Spoleto, e di Lorenza Bontà. Padre di Policarpo fu Stefano Cardelli (n. Roma, 1777 circa – m. Terni, 1852), romano, direttore e maestro concertatore, maestro di cappella prima a Spoleto e poi a Terni delle rispettive Cattedrali, marito della nobildonna Livia Romoli Venturi. Fratello di Stefano fu Luigi Maria Cardelli (n. Roma, 1777 – m. ivi, 1868), Arcivescovo di Smirne e di Acrida, Visitatore Apostolico dell’Asia Minore. Per le notizie su Stefano Cardelli ringrazio il dott. Fabrizio Mastroianni e don Claudio Bosi, responsabile dell’Archivio Diocesano di Terni.
[22] Archivio di Stato di Roma, Fondo Presidenza del consiglio dei ministri. Consulta araldica. Fascicoli nobiliari e araldici delle singole famiglie, n. 6904, busta 1147.
[23] Pilati, Il “Chi è?” Fabrianese, cit., p. 196.
[24] Per le notizie sulla famiglia Focaccetti, e nello specifico sulla genealogia e il legame di Anna con mons. Concetto, ringrazio la Sig.ra Mariagrazia Bernetti di Monte Giberto.
[25] P. Pistelli, M. Severini, L’alba della democrazia: Garibaldi, Bruti e la Repubblica romana, Affinità elettive, Ancona 2004, p. 107.
[26] Archivio Storico dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Archivio Postunitario, Carteggio, Anno 1884, “1 Accademici”, Corda 46, Titolo “1/5345 Pascucci”, 1884, busta 180.